Il 23 febbraio 2009 a Milano la Società Italiana di Cure Palliative ha diffuso il suo 2° Comunicato dal titolo: " la vera alleanza terapeutica è alla base del principio di cura. Rivedere i passaggi critici del ddl Calabrò."
La preoccupazione che viene manifestata in questi giorni all'interno della nostra categoria di medici palliativisti per l'eventuale approvazione del ddl Calabrò ci chiama come Società Italiana di Cure Palliative ad intervenire nuovamente nel dibattito pubblico per ribadire alcuni principi clinici che potrebbero essere compromessi da questo disegno di legge così come lo abbiamo conosciuto nella sua prima versione.
Vogliamo dunque innanzitutto ribadire che i professionisti delle cure palliative da decenni si prendono cura dei malati e delle famiglie che stanno vivendo una malattia inguaribile.
Secondo la definizione dell'OMS le cure palliative danno sollievo al dolore e a tutti gli altri sintomi fisici che provocano sofferenza, affrontando anche gli aspetti psicologici, sociali e spirituali della malattia nella fase avanzata. Esse sostengono la vita e guardano al morire come a un processo naturale; aiutano il paziente a vivere quanto più attivamente possibile fino alla morte; non intendono né affrettare né posporre la morte.
Il primo obiettivo delle cure palliative è migliorare la qualità della vita dei malati terminali, alla luce del concetto di qualità di vita che ciascun malato ha in sé, assicurando la migliore terapia per quel malato, con quella malattia, in quel momento della sua vita.
Ed è proprio alla luce di questi principi che siamo preoccupati e per questo ribadiamo come contributo alla formulazione della legge quanto già scritto nel 2006, nel documento sulle direttive anticipate in cui abbiamo cercato di racchiudere e sintetizzare la pluralità di opinioni di cui la SICP è espressione.
Ci permettiamo ancora di sottolineare che nella vera alleanza terapeutica non si può non tenere in considerazione il concetto di qualità di vita espresso dalla persona che abbiamo in cura e di cui ci prendiamo cura. Una vera alleanza terapeutica, condivisa, non è basata su principi astratti: parte dal malato ed è sostenuta da ciò che malato e medico condividono per raggiungere l’obiettivo di cura che il medico, in scienza e coscienza ha contribuito a definire, ma che il malato, in ultima analisi, ha valutato e scelto.
Le Direttive Anticipate di Trattamento non sono in contrapposizione al rapporto che è alla base dell’alleanza terapeutica. Rappresentano, al contrario, un contributo al rafforzamento e al miglioramento della stessa. Disincentivare le Direttive Anticipate di Trattamento rendendo indaginoso il percorso che porta ad una loro formulazione giuridicamente accettabile, non rappresenta la strada
più aperta al riconoscimento della volontà, informata, del malato quale elemento fondante dell’alleanza terapeutica. Riteniamo infatti che le Direttive Anticipate di Trattamento non possano non essere vincolanti per il medico, come abbiamo ribadito anche nel nostro documento del 2006.
La Società Italiana di Cure Palliative esprime le proprie preoccupazioni e perplessità rispetto all’imposizione di nutrizione e idratazione ai malati, al di fuori di una valutazione di appropriatezzaproporzionalità, al di fuori di una condivisione degli obiettivi di cura, al di fuori di un consenso informato quale espressione della volontà del malato.
Come abbiamo già avuto modo di ribadire in precedenza, obbligare i nostri malati, che si avviano verso il termine della vita, in cui naturalmente il corpo della persona non chiede più acqua e cibo, a trattamenti che di fatto non aiutano a vivere meglio, ma paradossalmente possono portare a delle effettive complicanze e disagi, non rientra fra i nostri doveri. In scienza e coscienza.
Confidiamo dunque in una presa in considerazione da parte della politica di queste nostre osservazioni di specialisti che possano portare a una revisione di alcuni passaggi a nostro giudizio poco appropriati del ddl Calabrò.