Il diritto di staccare la chiave

Segnaliamo per intero l'intervento di Andrea Lopes Pegna relativo alla morte di Carlo Lizzani e citato da Carlo Augias su la Repubblica del 9 ottobre 2013.

Le parole “ho staccato la chiave” che Carlo Lizzani ha lasciato ai figli prima di gettarsi dalla finestra non possono che essere vissute con grande rispetto come con grande rispetto è stato dato al recente suicidio di Mario Monicelli e al passato suicidio assistito di Lucio Magri.Quanto però affermato dal figlio di Lizzani “… poiché qui in Italia non è contemplata l’eutanasia, mio padre è dovuto ricorrere a questa fine cruenta …” e dal regista Ferzan Ozpetek “Carlo Lizzani! Uno dei più grandi registi italiani si è tolto la vita. L’unica eutanasia che l’Italia concede agli anziani. Gettarsi nel vuoto”, mi spinge a fare alcune riflessioni. La mia età, tra pochi giorni compirò 67 anni, sempre più frequentemente mi fa pensare agli anni futuri che mi aspettano e a come li vivrò. Due sono le cose che mi spaventano di più la solitudine e la perdita di dignità. Per quanto riguarda la prima avendo la fortuna di avere una moglie e una famiglia che mi ama e persone care che mi saranno sempre vicine, non ho preoccupazioni; chi non ha questa fortuna penso che comunque non sarà mai solo se vuole vivere insieme agli altri. Ben più complessa è la paura di perdere la dignità. Numerosi sono gli attentati alla propria dignità che si potrebbero presentare dietro l’angolo: una malattia che ti faccia perdere l’autonomia del tuo fisico, un possibile quadro di demenza, un ricovero in un ospizio o in un ospedale, una malattia arrivata allo stadio terminale e magari l’accanimento terapeutico. La perdita di dignità non dipende però più da te, dipende dalle persone, oggi ancora per te estranee, che potrebbero un domani svalutarti, farti sentire a disagio, umiliarti solo perché vecchio. Il diritto al mantenimento della propria dignità è ancora più valido per le persone con demenza che per la loro malattia possono avere stato confusionale e difficoltà ad esprimere le proprie necessità, oltre ad avere maggiore bisogno di accudimento. Nella mia regione Toscana negli ultimi dieci anni le persone con più di 85 anni sono raddoppiate come numero, passando dall’1.6% al 3.2% degli abitanti e l’unica causa di morte che è in aumento per questa classe di età è rappresentata proprio dalla demenza. È bene sapere però che anche le persone con demenza possono soffrire se non viene rispettato il loro pudore, se non si tiene conto del loro disagio, se non viene capito che anche il demente può avere paura della morte, vivere ansie, soffrire per essere non considerato con empatia e essere invece trattato come un pacco. Questo è quello che mi fa paura per la mia vecchiaia e costante deve essere l’impegno di tutti, a tutti i livelli, nel pretendere che le istituzioni e le persone che si prenderanno cura di te siano preparate a mantenere la tua dignità di persona; non avere questa paura potrebbe diminuire le angosce per il proprio futuro e forse anche le idee di suicidio. Il Midrash Qohelet Rabbà, cap. 1 recita così: “quando uno è giovane si esprime con la poesia, quando è maturo parla con i proverbi sapienziali; quando è vecchio non gli resta che dire che tutto è alito evanescente“, questo perché la propria vita è ormai diventata evanescente, ma la parola ebraica hevel che significa appunto “alito” ricorda anche “il soffio” del Signore che ha potuto dare vita al primo uomo; finché questo alito è dentro l’uomo vuol dire che dobbiamo avere rispetto di lui e trattarlo quindi con dignità.

Andrea Lopes Pegna

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