Nel nostro Paese, con enorme ritardo rispetto all’approvazione della Convenzione Europea di Oviedo (04/04/1997), peraltro ratificata dal Parlamento con Legge n. 145 /(28-03-2001) manca una regolamentazione che garantisca ad un cittadino non più in grado di esprimersi (poiché in stato di incoscienza) il rispetto delle sue volontà - precedentemente espresse in modo esplicito - riguardo alle cure e alle terapie alle quali accetta di essere sottoposto nella fase terminale della vita.
Le varie proposte di legge, che sono attualmente all’esame della Commissione Igiene e Sanità del Senato (relatrice la sen. F. Bassoli), rischiano di trovare un percorso ad ostacoli tra veti incrociati delle varie forze politiche, mentre la società civile aspetta una decisione in merito.
I recenti casi di cronaca – da Welby a Nuvoli – hanno stimolato un ampio dibattito nei diversi contesti sociali, mentre al Senato si sono avvicendati in oltre cinquanta audizioni, esperti e rappresentanti di Società scientifiche e Associazioni di tutela e di volontariato.
Arriva dunque molto tempestivamente in libreria il volume “Il dolore e la politica” che, oltre ai capitoli redatti dagli autori A. Braschi e L. Manconi, riporta una dissertazione giuridica di S. Rodotà e un confronto tra i diritti dei malati e l’operato dei medici di I. R. Marino, presenta un’importante ricerca, tra le prime a livello nazionale, sulle opinioni espresse da oltre 260 medici appartenenti a varie strutture ospedaliere (settembre 2005/ marzo 2006), curata da E. Campelli e E. L. Vaccaro, della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università La Sapienza di Roma.
Tra i risultati significativi di tale ricerca si evidenzia che ben il 42% dei medici intervistati – prevalentemente oncologi e anestesisti – dichiara di avere un basso grado di conoscenza dell’argomento “Direttive anticipate/Testamento biologico”; mentre il 32% dei medici ritiene che, nel caso venisse approvata una normativa che sancisse questo diritto del malato, ciò rischierebbe di interferire con l’autonomia e il potere decisionale del medico, aumentando i problemi del settore.
Mentre i medici più giovani mostrano una maggiore disponibilità al cambiamento, il 20% degli intervistati teme che il Testamento biologico possa esautorarli dalle proprie responsabilità e il 38% ritiene che dare attuazione alle volontà del malato potrebbe porli in contrasto con le proprie convenzioni morali e religiose.
Anche la Chiesa cattolica nel proprio catechismo afferma “l’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima.In tal caso si ha la rinuncia all’accanimento terapeutico. Non si vuole così procurare la morte : si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità o, altrimenti da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente.”
Certamente una legge in materia dovrebbe poter contare su un ampio consenso sociale e politico, ma sarebbe auspicabile che “il Palazzo” ascoltasse con attenzione il Paese reale, la società civile, cioè, che spesso esprime la propria opinione nel corso di confronti e dibattiti (convegni, seminari, incontri in sedi universitarie e sanitarie), oltre che sui media.
Dall’indagine dell’ EURISPES (Rapporto Italia 2007) risulta che ben l’84%degli italiani è favorevole ad una legge sul testamento biologico.
Già nel 1990 la Consulta di Bioetica aveva presentato un modello definito BIOCARD, che fu poi perfezionato in collaborazione con la Fondazione Ravasi di Milano, che è disponibile on-line. www.consultadibioetica.org.
Il diritto ad esprimere le proprie direttive anticipate d'altronde, non è altro che l’estensione di quel diritto sancito dall’articolo 32 della Costituzione che si esprime per ogni persona “competente” (ovvero maggiorenne e in grado di intendere e di volere) attraverso il consenso informato. Nel volume è inoltre, sottolineata l’importanza che queste tematiche vengano inserite nel curriculum formativo sia dei medici che di tutto il personale sanitario, perché il concetto della tutela della vita, del rispetto della dignità di ogni individuo – quindi anche dei soggetti non più coscienti – e dell’autodeterminazione, siano considerati valori istituzionalmente sanciti e garantiti.
A cura della dott.ssa Mariella Orsi