Presentiamo qui un breve report dalla Tavola Rotonda apparsa sull’ultimo numero della rivista MicroMega ( n° 5, 2008, pp. 99/110).
L’articolo nasce dall’incontro fra Beppino Englaro, il cardinale Javier Lozano Barragàn, presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale della salute, il giurista Stefano Rodotà ed il medico cattolico Ignazio Marino, oggi Senatore del Pd.
Tutto parte dalla domanda cruciale posta dal padre di Eluana: con quale diritto si decide sulla vita degli altri?
Risponde il cardinale Barragàn affermando che la Chiesa non impone obblighi e dunque “chi non è cattolico può liberamente decidere di non seguire le indicazioni del Vaticano”; egli sembra ignorare, tuttavia, che nel momento in cui la gerarchie ecclesiastiche avanzano delle proposte, sono pienamente consapevoli che certi suggerimenti saranno recepiti dalla politica, prima, e dalla normativa, poi, divenendo Leggi dello Stato a cui saranno obbligati a sottostare tutti i cittadini, cattolici e non.
Il cardinale ribadisce, inoltre, che secondo la dottrina della Chiesa l'alimentazione e l'idratazione non possono essere considerate terapie, dunque, la loro somministrazione non può costituire mai accanimento terapeutico. Ne consegue che chiunque impedisce o interrompe l'alimentazione e l'idratazione ad una persona ammalata compie un omicidio.
Quando Englaro e Rodotà ricordano che la Corte di Cassazione ha stabilito che in certi casi anche idratazione ed alimentazione costituiscono presidi terapeutici, allora il 'ministro' della salute del Vaticano risponde: "Io non sto parlando della legge italiana anche perché non sono italiano. Sono ministro del Vaticano, e parlo per conto del Vaticano". Tuttavia sul suolo italiano valgono le leggi italiane e qui si sta discutendo della vita e della libertà di scelta proprio dei cittadini italiani.
Proprio a questo proposito Rodotà fa notare che mentre per la Chiesa la vita umana non è un bene disponibile, dal punto di vista giuridico, invece, questa disponibilità c’è ed è garantita, in primis, dalla Costituzione, in nome della libertà di scelta e del diritto all’autodeterminazione. E proprio, in base a questi principi non si può accettare che le convinzioni personali dei medici obbiettori o degli amministratori (come il Presidente della Regione Lombardia, Formigoni) impediscano l’attuazione di provvedimenti della magistratura che hanno imposto il rispetto delle volontà espresse dal paziente.
Quello che Rodotà e Marino denunciano, di comune accordo, è che, mentre le gerarchie ecclesiastiche tengono ben distinti i principi religiosi dalle determinazioni della legislazione nazionale specifica, molti politici italiani sollecitano continuamente l’intervento dei vescovi a sostegno delle proprie posizioni ed a giustificazione delle mozioni presentate in Parlamento. Le posizioni cattoliche vengono così strumentalizzate a scopo politico e col solo obiettivo di garantirsi il maggior numero di consensi.
È stato poi insensato - ed imbarazzante agli occhi dei paesi esteri che ci osservano - il conflitto di attribuzione tra il Parlamento e la magistratura sollevato davanti alla Corte Costituzionale, la quale ha respinto i ricorsi di Camera e Senato. Visto che il Parlamento è il luogo deputato alla promulgazione delle leggi non si capisce perché non ne approvi una invece di accusare la magistratura di espropriare il suo esclusivo potere legislativo. Del resto “i giudici della Cassazione non hanno fatto altro che applicare principi generali ad un caso concreto con un’argomentazione di straordinaria linearità e rigore”.
Illuminante infine l’argomentazione offerta da Rodotà in merito alla ricostruzione univoca delle volontà di una persona che non è più cosciente nè in grado di esprimersi. Molti infatti hanno sostenuto che non è possibile ricostruire indirettamente la volontà di Eluana. È facile capire come quest’argomento sia invalido rovesciandolo. Se una persona che non è più cosciente ha dichiarato nel testamento biologico che non desidera una serie di trattamenti salva-vita, ma poi si ritrova una lettera da cui si evince che in un secondo momento ha cambiato idea in merito: non dovremmo tenerne conto solo perché si tratta di una ricostruzione indiretta della sua volontà? Dovremmo staccare la spina perché il testamento biologico ha maggior valenza e chiarezza di una lettera?
L’onestà intellettuale e morale, la chiarezza dei termini e dei concetti offerta da Englaro, Marino e Rodotà è dovuta ad una lunga frequentazione della materia in oggetto, seppur legata ad esperienze differenti e ad una profonda e precisa analisi del problema e del contesto in cui si inserisce. Non si può pretendere di risolvere un problema tappandosi gli occhi di fronte a certi aspetti reali e concreti solo perché non li si condivide. Il dialogo non può nascere dall’arroccamento ideologico delle posizioni.
Proprio a dimostrazione di questo il cardinale Barragàn conclude arrivando ad accusare Beppino Englaro di omicidio: “Togliere la mera idratazione e nutrizione ad una persona significa ammazzarla. Ho già spiegato quello che intendevo dire e penso che all’intelligenza bastano poche parole, chi ha intelligenza può capire le mie parole.”
A cura di Elisa Valdambrini, filosofa bioeticista.