E’ stata pubblicata sull’ultimo numero della Rivista BIOETICA (n. 2 giugno 2004) la Dichiarazione di intenti sulle cure di fine vita che il gruppo di studio di Pontignano, coordinato da Mariella Orsi, vicepresidente della Commissione Regionale di Bioetica della Toscana, ha presentato alla Commissione nella seduta del 6 luglio. La dichiarazione, frutto del lavoro del Seminario tenutosi presso la Certosa di Pontignano (dell’Università degli Studi di Siena) l’11/12 maggio 2004 completa la Carta di Pontignano che era stata elaborata nel novembre 2002. L’obiettivo sottolineato dal tale documento è quello di mettere al centro delle istituzioni sanitarie e dell’intera società il rispetto per la persona, che nella fase finale della vita, ha il diritto di esprimere le proprie volontà sia nel merito delle cure che le vengono prestate sia sul “come, dove e con chi accomiatarsi dalla vita e dai propri affetti nel pieno riconoscimento dei valori e delle pratiche della cultura di appartenenza”.
Le strutture sanitarie e socio-assistenziali si confrontano quotidianamente con il problema di accompagnare i pazienti giunti alla fine della vita ad una morte senza dolore e senza altre sofferenze e nel rispetto della dignità della persona. Purtroppo è ancora forte la discrepanza tra ciò che si ritiene necessario ed opportuno garantire ad ogni cittadino morente e le condizioni strutturali ed organizzative che ne consentono l’attuazione. Occorre un grande impegno da parte di tutte le istituzioni, aziende sanitarie, associazioni professionali, società scientifiche, organizzazioni sindacali, associazioni del volontariato e forze sociali, per creare una vera CULTURA DELL’ETICA DELLE CURE ALLA FINE DELLA VITA.
I partecipanti al II Seminario di Pontignano (13/14 maggio 2004)- evidenziata l’attualità delle tematiche proposte dalla Carta di Pontignano (novembre 2002), - rilevata la necessità che siano realizzati, nella Regione Toscana, gli interventi volti a garantire il rispetto dei diritti delle persone alla fine della vita, DICHIARANO QUANTO SEGUE:
- nella prassi assistenziale le decisioni di fine-vita non dovrebbero essere intese in una prospettiva statica e burocratica, bensì realizzarsi in un contesto relazionale dinamico costruito nel tempo con il medico curante e con l’intera équipe sanitaria;
- è necessario affermare nuovamente la centralità del paziente come soggetto di cura, sia esso bambino o adulto, nel rispetto delle decisioni e dei desideri espressi personalmente o attraverso chi lo sostituisce, a garanzia dei suoi diritti/valori;
- i processi decisionali non possono prescindere da una informazione completa ed esauriente, di competenza del medico a conoscenza della diagnosi, della prognosi, delle cure fino a quel momento prestate, delle possibili alternative terapeutiche, delle condizioni psicologiche, sociali e familiari del paziente. Solo su queste basi è possibile assicurare, nella continuità delle cure una comunicazione aperta e costante nel tempo;
- è indispensabile che tutti gli operatori coinvolti nell’assistenza condividano le informazioni necessarie a garantire una comunicazione coerente ed efficace con la persona assistita;- sono necessari l’approfondimento e il confronto sul limite delle cure alla fine della vita (accanimento, futilità, indifferenza, abbandono) tramite la riflessione etica su tematiche quali la valenza terapeutica di nutrizione/idratazione, disposizioni del tipo “non tentare di rianimare”; anche attraverso la creazione di “clinical pathways” condivisi;
- occorre superare l’utilizzo controverso del termine “accanimento terapeutico”, introducendo l’espressione “trattamenti futili” anche per indicare quelle cure che, sebbene appropriate sotto il profilo clinico in altri contesti, non dovrebbero essere proposte al paziente nella fase terminale della vita;
- deve essere realmente garantita al paziente la possibilità di rifiutare trattamenti ai quali non desidera essere sottoposto, anche se ritenuti dai curanti clinicamente appropriati;
- nel caso di pazienti in stato di incapacità decisionale, in mancanza di figure di riferimento, le decisioni dovrebbero essere prese dall’équipe curante che comprende anche il medico di medicina generale, sulla base di informazioni rintracciabili nella storia pregressa della persona malata;
- lo strumento delle cosiddette "direttive anticipate" deve essere valorizzato, poiché il subentrare di uno stato di incapacità decisionale potrebbe determinare per il medico la necessità di avere a disposizione un documento valido in cui siano riportate le volontà anticipatamente espresse dal paziente;
- nel caso di bambini ed adolescenti, che per legge sono considerati “incompetenti”, i genitori e l’équipe curante (di cui fa parte anche il pediatra di libera scelta) hanno il dovere di coinvolgerli, ricercandone i desideri e favorendone l’espressione anche attraverso modalità verbali e non verbali.
Strumenti e modalità proponibili per garantire una svolta, che riporti al centro dell’interesse dell’intera società la cura nelle fasi finali della vita:
1. Promuovere azioni di sensibilizzazione rivolte alla popolazione generale e, in specie, ai giovani, nel loro percorso di studi, per migliorare la capacità di riflettere su questa fase della vita e sulle necessità di sostegno, sia ai malati gravi, sia ai familiari che si confrontano con la perdita.
2. Assicurare, nell'ambito delle strutture ospedaliera e della altre organizzazioni sanitarie, una progettazione dell’assistenza che garantisca spazi e tempi di lavoro tali da favorire un accompagnamento dei pazienti alla fine della vita che consideri oltre al dolore e alle altre forme di sofferenza, il rischio di abbandono del morente.
3. Finanziare programmi articolati di formazione-aggiornamento degli operatori sanitari, sociali e del volontariato che si prendono cura delle persone alla fine della vita.
4. Programmare interventi formativi congiunti rivolti agli operatori ospedalieri e territoriali, affinché vengano al più presto recepite ed applicate in ogni azienda procedure per la continuità comunicativa e assistenziale.
5. Costituire una commissione multidisciplinare per armonizzare le procedure e gli standard che garantiscono ai vari livelli la continuità assistenziale.
6. Garantire che norme e regolamenti rendano attuabili per ogni individuo la decisione sul come, dove e con chi accomiatarsi dalla vita e dai propri affetti (ivi compresi gli animali domestici cui ciascuno è legato), riconoscendo i valori o le pratiche, ove sia possibile, di ciascuna cultura e credenza, sia religiosa che laica.
7. Predisporre nelle varie aree territoriali la creazione di un hospice per l’accoglienza di quelle persone che, nell’ultima fase della vita, non possono o non vogliono essere assistiti al proprio domicilio.
8. Garantire, in queste strutture, non solo un buon comfort logistico e strutturale, ma anche un clima organizzativo che permetta al malato e alla sua famiglia di sentirsi, per quanto possibile, “come a casa”, senza regole predefinite, con un’assistenza personalizzata e attenta alle dimensioni relazionali.
9. Promuovere, insieme a tutte le associazioni che se ne occupano, le varie forme di elaborazione del lutto che permettano a coloro che hanno sofferto la perdita di un familiare, un processo di sostegno basato sulla solidarietà e sulla condivisione delle emozioni.
10. Nel caso di stranieri deceduti senza familiari vicini, occorre che siano rispettate le esigenze specifiche della cultura d’appartenenza ricorrendo, se necessario, all’aiuto delle associazioni o onG, i cui riferimenti siano stati comunicati alle ASL e/o agli Enti Locali.
11. Ogni comunità locale deve mettere a disposizione uno spazio dove sia possibile esprimere ritualità di commiato laiche o appartenenti a culture diverse da quella ufficiale e l’ambiente non deve essere connotato dalla presenza di alcun simbolo che identifichi una fede particolare.
12. Alle modalità di inumazione riconosciute dalla legge è attualmente stata aggiunta quella della cremazione e devono essere garantite, oltre che la consegna delle ceneri alla famiglia, l’eventuale conservazione o dispersione, secondo le volontà del defunto.
M. Grazia Barneschi (anestesista), Lucia Benini (volontaria), Alessandro Bussotti (medico di medicina generale) Laura Canavacci (filosofa), Simona Caprilli (psicologa) Donatella Carmi Bartolozzi (volontaria), Renzo Causarano (neurologo),Riccardo Cecioni (medico legale), Luciana Coen (A.F.D.), Donatella Della Monica (A.F.D.), Patrizia Funghi (filosofa), Giovanni Grisolia (pediatra), Andrea Lopes Pegna (medico ospedaliero), Roberto Madonna (anestesista rianimatore), M. Cristina Manca (antropologa), Luigi Manenti (A.F.D.), Bruno Mazzocchi (oncologo), Guido Miccinesi (epidemiologo), Grazia Mieli (psicologa), Piero Morino (medico palliativista), Mariella Orsi (sociologa), Eugenio Paci (epidemiologo), Loretta Polenzani (medico di medicina generale), Franca Porciani (giornalista), Patrizia Romoli (direttore distretto), Roberta Sala (filosofa), Bernardo Salani (geriatra), Nicoletta Susini (A.S.V.), Carlo Tempestini (medico palliativista), Franco Toscani (medico palliativista), Giuseppe Virgili (medico di medicina generale)