Tesi di Eva Casanova laureata in Infermieristica (Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Firenze, nell'a.a. 2006/2007)
Relatore: prof.ssa Odette Gabriella Pagni
Quando si pensa al tumore difficilmente lo si associa al bambino perché in generale siamo tutti abituati a pensare e sperare che un bambino debba solo essere sano, felice, spensierato, sereno e che debba solo giocare e divertirsi. Invece questa patologia colpisce anche i bambini e le statistiche dell’Istituto Superiore della Sanità di Roma affermano che ogni anno l’incidenza di nuovi casi nella popolazione sotto i 15 anni di età è di 120-150 casi ogni milione di bambini, praticamente pari al 2% di tutte le neoplasie diagnosticate.
Per quello che riguarda le caratteristiche cliniche, il tumore infantile non è diverso da quello che interessa l’età adulta e anche le forme tumorali infantili si distinguono in forme benigne e maligne. Una delle differenze che contraddistinguono il tumore che interessa l’età adulta dal tumore infantile è data dalla migliore risposta del tumore al trattamento farmacologico; infatti nei bambini le terapie farmacologiche hanno maggior successo nel debellamento “totale” della malattia rispetto agli adulti. Però bisogna anche rilevare che se non ci sono possibilità di guarigione per il bambino, l’evolversi della malattia sarà molto più rapida rispetto all’adulto.
Dal 1990 ad oggi la Medicina che si occupa della cura dei tumori infantili ha compiuto “passi da gigante”, infatti grazie all’acquisizione di nuovi farmaci, al miglioramento delle strategie terapeutiche e ai progressi nell’uso della terapia di supporto, la prognosi nell’uso della terapia di supporto, la prognosi di alcuni tumori infantili è migliorata notevolmente (ad esempio:leucemie e linfomi).
Anche se in Oncologia si parla poco di guarigione perché si preferisce usare termini come remissione (diminuire o eliminare il tumore visibile) o intervallo libero dalla malattia e la sopravvivenza è stabilita come l’essere vivo dopo 5 anni dalla diagnosi, si può affermare che oggi la guarigione dal tumore infantile è diventata un traguardo raggiungibile in un numero sempre più elevato di casi: si stima infatti che su 5 bambini malati di tumore, 3 riescono a guarire completamente, pari circa al 70%.
La malattia oncologica da un punto di vista fisico, psicologico e sociale è un evento traumatizzante che richiede da parte dell’infermiere un supporto olistico, quindi un supporto che abbraccia tutte le sfere del bambino e che aiuti lui e la sua famiglia ad affrontare le difficoltà che incontrerà.
Il trauma della malattia è presente sia nell’adulto che nel bambino, ma per assistere il bambino l’infermiere deve mobilitare tutte la strategie di adattamento che possiede e ciò va considerato anche per l’adulto, ma il bambino per le delicate caratteristiche che lo contraddistinguono dall’adulto ha bisogno di un’attenzione maggiore in quanto il suo equilibrio è molto più fragile e ha sempre bisogno di essere rafforzato e rassicurato.
Nel capitolo1 vengono trattate le caratteristiche generali e cliniche del tumore. In seguito viene trattato in modo più approfondito il tumore in età pediatrica (capitolo 5); il tema della Medicina palliativa, una medicina di supporto impiegata quando le terapie mediche non possono più essere d’aiuto (capitolo 3) e più nello specifico il tema dell’Assistenza infermieristica e della relazione d’aiuto che si instaura tra l’operatore e il bambino malato, delle tecniche non farmacologiche che l’Infermiere può applicare su questi bambini e di come si avvalga dell’uso della Medicina Palliativa per alleviare le sofferenze ei bambini in fase terminale (capitolo 4). Nel capitolo 5, inoltre, viene presa in esame la fase terminale della malattia nel bambino, l’accompagnamento di quest’ultimo alla morte e le relative linee guida e le migliori strategie messe in atto dall’Infermiere per aiutare i familiari a superare il lutto.
Infine viene analizzaato il tema della Sindrome del Burn-out che può, ma non obbligatoriamente, colpire gli Infermieri quando si prestano ad accompagnare il bambino alla fase terminale della vita, oppure quando cercano di elaborarne il lutto.
A volte per l’Infermiere risulta difficile ed impegnativo assistere globalmente e prendersi carico totalmente del bambino e della sua famiglia senza vere dei risvolti negativi sul suo stato d’animo e sulla sua componente psicologica. In riferimento a questa problematica c’è una patologia di cui possono, ma non obbligatoriamente, ammalarsi gli Infermieri più vulnerabili e più emotivamente sensibili ed è nota col nome di Sindrome del Burn-out. Questa patologia non è propria solo degli Operatori Sanitari, ma interessa tutti quei professionisti che rientrano nella categoria delle Helping Profession ovvero professioni votate all’aiuto delle persone che ne hanno bisogno, quindi: Medici, Psicologi, Assistenti sociali, Insegnanti, Avvocati, Preti, ecc.
Questa sindrome conduce gli operatori sanitari ad uno stato di stress generalizzato che provoca in loro 4 sintomi principali:
• Progressiva perdita di interesse per i malati e per i colleghi;
• Depersonalizzazione;
• Mancata realizzazione personale;
• Esaurimento emotivo.
La sindrome del Burn-out può colpire gli Infermieri mentre assistono il bambino e la sua famiglia durante tutta la degenza ospedaliera, durante il periodo di assistenza a domicilio o ancora può colpirli nel momento in cui cercano di elaborare il lutto del bambino assistito.
Per analizzare meglio quest’ultimo argomento è stato elaborato un questionario composto da 12 domande rivolto espressamente agli Infermieri che operano presso il reparto di Oncoematologia pediatrica dell’Ospedale Meyer di Firenze.
Lo scopo principale è stato quello di verificare se, durante l’Assistenza infermieristica al bambino affetto da tumore e quindi durante l’elaborazione del lutto, la Sindrome del Burn-out è una “problematica-conseguenza” reale.
La scelta del campione è stata fatta tenendo conto dei seguenti aspetti:
• Strategie personali identificate ed adottate dall’infermiere nell’assistere al bambino in fase terminale;
• Supporto necessario all’Infermiere per affrontare la morte di un bambino;
• Le riflessione personali dell’Infermiere e dei familiari del bambino sulla morte che meglio facilita l’elaborazione dl lutto;
• L’Infermiere nell’ambito delle Cure Palliative.
Nella progettazione del questionario sono state considerate soprattutto 5 ipotesi, formulando dlle domande in modo che avvalorassero le ipotesi adatte allo scopo prefissatato. Queste ipotesi, le domande del questionario, i dati raccolti e i risultati ottenuti possono essere visionati nel Capitolo 7 della Tesi.
Possiamo affermare però che dai risultati ottenuti nel questionario possiamo dedurre che per la maggior parte degli Infermieri di questo reparto, lavorare in ambito oncologico pediatrico comporta una tale sofferenza da non riuscire ad elaborare correttamente il lutto di un bambino assistito senza ammalarsi di Burn-out, perché come affermato dagli infermieri: “prendendosi direttamente e attivamente cura del bambino e della sua famiglia e inevitabilmente affezionandosi a loro, l’elaborazione del lutto diventa alquanto impegnativa e molto dolorosa e la Sindrome del Burn-out ne è la diretta conseguenza”.
Per contrastare questa sindrome è importante che l’Infermiere usufruisca di:
• Gruppi di sostegno psicologico;
• Incontri a cadenza regolare con l’équipe per poter discutere del caso e dell’assistenza da offrire e offerta;
• Tecniche di counselling che consiste in sedute terapeutiche della durata di un’ora circa che propongono percorsi mirati sulla persona impiegando strategie di auto-aiuto che servono quindi per liberarsi dai condizionamenti del passato e dalle proprie convinzioni limitanti.
Infine è auspicabile che l’Infermiere che opera in ambito oncologico pediatrico raggiunga una corretta mentalità palliativa in grado di migliorare la qualità di vita del bambino malato è importante che l’Infermiere si concentri sulla coerenza personale che la relazione richiama, ossia è necessario per l’Infermiere un’autoverifica sul proprio vissuto nei confronti della morte, del morire e della sofferenza.
Se l’Infermiere non crede profondamente che la vita sia sempre e comunque ricca di valore e non capisce che un bambino malato è prima di tutto un bambino, quindi ha bisogno di un’attenzione maggiore rivolta al prendersi cura più che al curare, non è possibile pensare ad una professionalità autentica che aiuti il bambino e la sua famiglia in questo difficile momento della loro esistenza.
Questo presupposto deve sempre rappresentare per l’Infermiere che opera in ambito oncologico, anche in altri ambiti ma maggiore attenzione va posta per questo ambito, l’elemento guida di tutta la modalità assistenziale.
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