Per quanti si sono impegnati a favore del dialogo tra credenti cristiani e non cristiani, tra cattolici e ‹‹laici››, per i cattolici stessi che credono al dialogo vissuto nell’ascolto, nello sforzo di non disprezzare l’altro ma di operare con lui un confronto nella mitezza, questi ultimi tempi possono essere definiti - usando un linguaggio biblico - ‹‹giorni cattivi››. (pag. 3)
Così esordisce Enzo Bianchi, fondatore e priore della Comunità monastica di Bose, nel suo libro “Per un’etica condivisa”, in cui cerca di affrontare la questione del dialogo ormai deteriorato fra cattolici e non.
Infatti sempre più spesso si assiste alla creazione da parte di alcuni cattolici di gruppi di pressione in cui la proposta della fede non avviene nella mitezza e nel rispetto dell’altro, ma nell’intransigenza e nell’arroganza del giudicare a priori tutto come malsano e privo di valori, impedendo quel dialogo che invece si potrebbe costruire, se fossero riconosciuti i principi di pluralità legati ai valori presenti nella società.
In questo modo si sviluppa un’intransigenza inutile e lesiva verso quegli pronti al dialogo e ad un’apertura su punti di vista differenti.
Quindi, per uscire da questo empasse, non bisogna chiudersi, ma piuttosto ricordarsi che il futuro della fede non sta nelle singole leggi di uno stato e ne nell’ostinazione sui propri principi.
I cattolici devono dunque impegnarsi affinché questa situazione si modifichi, favorendo con le loro parole ed azioni, un accrescimento di se e dello stesso cristianesimo che, in un contesto di dialogo, non si troverà a perdere la propria identità, ma a rafforzarsi in un confronto onesto anche con chi non è cattolico.