Riappropriarsi della parola "eutanasia"e chiedere "semplicemente il rispetto delle scelte individuali" è il senso della nuova "provocazione" dei Radicali, che ieri hanno presentato uno spot "pro-eutanasia".
Marco Cappato, segretario dell'associazione radicale Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, spiega che:
"E' uno spot molto rispettoso e molto dignitoso in cui un malato terminale racconta la sua esperienza e chiede al governo che sia rispettata la sua scelta".
Scelta che è "non di una morte 'buona' o 'dolce', ma di una morte 'opportuna', quando si sente che le condizioni di vita non sono più sostenibili'. Eutanasia - aggiunge Cappato - "non è una parola che le persone legano a questa o quella forma giuridica, ma che è vicina al loro vissuto. Mentre la politica 'ha bisogno di giocare con le parole, riempendo il tema di formalismi, facendo distinzioni da clerici del diritto su quello che è o non è terapia. Così si possono interrompere le terapie ma non si può chiedere un'inziezione letale, anche se il risultato èlo stesso".
"Pur continuando a batterci in Parlamento perchè escano leggi 'meno peggiori' possibile - conclude il segretario dell'Associazione - ora vogliamo riprendere la bandiera di questa parola, che per noi è parte integrante del diritto alla salute, come tutte le scelte sul fine vita, e poi vedere quello che succede".
"Lo spot, intanto, sarà anche una raccolta fondi per pianificare una vera e propria campagna nazionale a partire da gennaio, contando sul sostegno delle tv locali, come Telelombardia, che già ci hanno aiutato all'epoca del caso Welby''.
La 'provocazione' di uno spot sull'eutanasia, lanciato dai Radicali, 'rischia di diventare uno strumento utilizzato impropriamente da questa maggioranza per dire 'noi siamo pro vita, loro pro morte' rendendo ancora più difficile il percorso della legge sul testamento biologico che attende di essere calendarizzata alla Camera.
E' il commento all'iniziativa dei Radicali di Ignazio Marino che "come uomo, come medico e ora anche come politico" esprime la sua "assoluta opposizione all'eutanasia, ovvero a somministrare un veleno per fermare in un momento predeterminato la vita di un'altra persona".
Per Marino, se "il Parlamento decidesse di ricominciare a fare il Parlamento" e il presidente Gianfranco Fini "traducesse in atti le parole tanto chiare e apprezzabili che ha ripetuto anche nei giorni scorsi mettendo in calendario anche per lunedì il testo che aspetta il voto della Camera, il dibattito sull'eutanasia diventerebbe un problema davvero secondario e limitato a poche persone".
Ma va risolta non solo la questione della libertà di autodeterminazione laica della scelta delle terapie, ma anche quella del finanziamento offensivo della legge sulle cure palliative, che è stata approvata con solo un milione e mezzo di euro l'anno di budget. "In Germania - ricorda Marino - spendono per lo stesso progetto di ospedale e territorio senza dolore 150 milioni di euro l'anno". Fino a quando c'è "una maggioranza 'pro cattiva morte' che non permette davvero l'assistenza per evitare di soffrire nelle fasi terminali della vita, è comprensibile che ci siano gruppi che promuovono la discussione su quella che è alla fine una uccisione, seppur compassionevole".
Lo spot a favore dell'eutanasia promosso dai Radicali, dice Augusto Caraceni vicepresidente della Società europea di cure palliative è 'fuorviante' ed a rischio di 'strumentalizzazione e confusione'.
Si tratta, ha sottolineato l'esperto, di "questioni private che attengono ad un ambito strettamente privato. Non si può fare di tali questioni attinenti al fine vita - ha aggiunto - interventi che hanno un carattere di impatto sul pubblico, come nel caso dello spot". In questo modo infatti, secondo Caraceni, "si ottiene solo confusione nell'opinione pubblica" e c'è, inoltre, "un forte rischio di strumentalizzazione politica".
Come società per le cure palliative, ha quindi spiegato l'esperto, "sosteniamo invece una visione in cui la cura palliativa nel paziente in fase terminale non prevede l'eutanasia come possibile opzione. Ma anche in paesi dove l'eutanasia è legalizzata, come l'Olanda - ha precisato - questa è comunque concepita come una pratica che è fuori dall'ambito medico". La Società per le cure palliative promuove la cura in fase terminale "ma anche l'autonomia del paziente, nel senso del rifiuto delle terapie stesse. Ma questo - ha concluso Caraceni - è anni luce distante dal concetto di eutanasia come comunemente inteso".