Ricordo Irene

Pubblichiamo di seguito un ricordo di Luciana Coèn riguardante Irene Notarbartolo, psicologa, di fede avventista, di cui avevamo segnalato, l'intervista fatta alla trasmissione radio A Tu per Tu, in cui oltre a parlare della sua condizione presentava il libro che stava completando sulla sua esperienza di malata.

Partenza.

La valigia aspetta, accanto alla porta. La guardi indecisa se portarla con te o no. Non hai messo niente lì dentro, lo spazzolino il dentifricio il pigiama gli asciugamani i ricambi intimi per i giorni, gli ultimi, che trascorrerai, li hai messi in una borsa di stoffa tipo 24 ore.
La valigia però l’hai tirata giù dall’armadio, l’hai spolverata, hai controllato se dentro era rimasto qualcosa dell’ultimo viaggio (forse c’era ancora una speranza), hai controllato la serratura, aperto e chiuso il lucchetto. C’è ancora attaccata l’etichetta adesiva del controllo aereo: FLR PARIS CDG Air France. Un triste nostalgico sorrise increspa le tue labbra, accarezzi quella carta indurita, appiccicosa, ricordando i giorni a Parigi, la prima diagnosi e le prime cure, le prime reazioni alla malattia che improvvisamente attraversava la tua vita, si impossessava dei tuoi giorni, delle tue forze, sfiorava la tua bellezza, velando lo sguardo che sempre più si allontanava dal mondo per orientarsi altrove.
La valigia attende, vuota.
Perché niente più porterai con te, niente più ti servirà, niente più tornerà con te tra le mura domestiche.
Tornerai, cenere in un’urna forse dentro la valigia vuota che porterai comunque (alla fine) con te.
Vuota, ma pesante, quasi impossibile trasportarla se non fosse per quelle provvidenziali rotelle che ti permettono di tirartela dietro, piena adesso della tua vita, dei ricordi, che ti passano continuamente davanti agli occhi, ti circondano, ti abbracciano, ti accarezzano, nel viaggio in cui anche loro dovranno lasciarti andare e rimanere qui, memori custodi della tua vita.
Un ultimo sguardo alle pareti, ai mobili, alle piante, alla cucina, alle pareti della biblioteca studio ricoperta dei libri che ti hanno accompagnata nel lavoro e nella vita.
Lievemente in punta di dita, sfiori le coperte, ne aspiri profondamente il profumo della tua casa, dei tuoi abiti, della tua vita, ne fai il pieno mentre il dolore trafigge il tuo corpo e la mente e cerchi di lenirlo col pensiero che presto anche lui non sarà più.

Sedazione.

Goccia, ecco un’altra goccia, ne sono rimaste poche ormai, la vista si annebbia, la mente comincia a fluttuare in bagliori di luce, sempre più forti, il volto di mia figlia appare e scompare…
Un’altra goccia…è salata, è una lacrima, scende dagli occhi di mia figlia.
Non piangere, non piangere…apri la valigia, libera le stelle, la luna, il sole, libera la mia vita, libera la mia morte.
Nella valigia ho messo le stelle, il cielo stellato, la notte con il cielo stellato e la luna che illumina la strada, ho messo le nuvole di una giornata novembrina piovosa, che accompagna l’incedere dell’inverno. Ho messo il caldo secco e afoso della lunga estate, con la sua luce, i suoi colori, l’acqua del mare, il verde dei monti, i tramonti rosati, il sole che si butta nel mare. Ho messo la mia vita, i miei pensieri, i miei ricordi.
Non mi vedrai decadere, arrancare negli anni mentre la mente si annebbia e le parole e i ricordi sfumano, portati via dal vento verso altra vita, il corpo ripiegarsi le gambe non sostenere più il peso e il passo, la pelle raggrinzirsi, i capelli diventare biondo cenere sempre più cenere. Non dovrai accudirmi, pulire le mie parti intime che pudicamente non ho mai mostrato per rispetto del tuo essermi figlia e del tuo esserti madre, corpi con età diverse.
Non sentirai l’odore di vecchio delle mie membra che perderanno la loro elasticità, le loro funzioni. Ti sarà risparmiato di vedermi mentre si spegne dentro di me l’interesse per la vita, quando il futuro non avrà più luce per me e il cambiarsi l’abito, restare puliti, comprare qualcosa che continui a tenermi ancorata alla vita non avranno più senso e piano piano lascerò andare gli oggetti, i ricordi, ridurrò al minimo essenziale la mia vita, basteranno un letto una coperta un pasto frugale un cambio d’abito per proseguire nell’ultimo tratto della vita.
Tutto ciò ti sarà risparmiato, me ne vado lasciando davanti a me e a te la gioia per la vita, il senso della vita ancora pregno di curiosità e anche se non mi vedrai più, potrai ricordarmi così, con il sorriso sulle labbra, ancora nel pieno della vita, con la luce dentro e fuori di me e se aprirai la valigia, la mia valigia vuota che porto con me, troverai tante parti di me in ogni oggetto, in ogni frammento che riuscirai a vedere e che brillerà appena tu lo prenderai in mano, appena si farà tuo e gli restituirai la vita. Passerà a te la vita che fu mia e tu la custodirai come ricordo mio e come parte di me.

Luciana Coèn, ottobre 2012

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