Attraverso le parole del suo responsabile, Giovanni Paolo Ramonda, la comunità Papa Giovanni XXIII interviene duramente sul tema del testamento biologico, soprattutto a seguito dell'approvazione di questo il 21 gennaio scorso nel comune di Rimini.
In una nota stampa "No al testamento sì alle cure" viene affidato il pensiero della Comunità. Ne riportiamo il testo.
Come può dirsi a favore dei cittadini un'istituzione comunale che si preoccupa di farli morire? È ciò che accade a Rimini, dove con il voto di una minoranza dei consiglieri è passata una mozione sull'istituzione del testamento biologico. Non sarà il modo con cui potersi liberare dei pazienti più costosi o dei cittadini con handicap che verranno convinti che per loro non c'è più posto ed è bene che tolgano il disturbo?
Il consenso alle cure ha senso solo contestualmente alla loro necessità e può dirsi libero solo se pienamente informato e non è cosa facile senza essere medici, praticamente impossibile ipotizzarla a priori.
Negli Usa è emerso che la stragrande maggioranza dei pazienti non è rimasto soddisfatto dell'attuazione del loro testamento biologico.
Quando si è nella malattia si fa più forte l'attaccamento alla vita e nei rari casi in cui viene fatta la richiesta di morire questa rientra appena aumenta l'attenzione nei confronti del malato o quando migliorano le condizioni cliniche. Chiediamo al sindaco dott. Alberto Ravaioli di non essere complice di questo misfatto e andare oltre l'astensione e gli interessi politici. Gli chiediamo con forza di ascoltare la voce di coloro che "soffrono di poca attenzione terapeutica" che lui stesso denuncia essere in gran numero e ai loro famigliari spesso esasperati.