Le buone pratiche del Regno Unito sul fine vita

Il General Medical Council (GMC) – l’equivalente britannico della Federazione degli Ordini dei Medici – ha pubblicato le nuove linee guida sul fine vita. Il documento “Treatment and care towards the end of life: good practice in decision making”, emanato a maggio, è entrato in vigore il 1° luglio 2010.

La guida – si legge nell’introduzione – si basa su consolidati principi etici, che includono l’obbligo dei medici di mostrare rispetto per la vita umana, di proteggere la salute dei pazienti, di trattare i pazienti con rispetto e dignità, di fare dell’assistenza dei loro pazienti la loro prima preoccupazione”. La guida è rivolta ai medici, ma può aiutare i pazienti e il pubblico in generale a capire cosa possono aspettarsi dai loro dottori, nei momenti in cui i malati e i loro cari si trovano in condizione di grande vulnerabilità e di estremo bisogno.

Il documento consta di 88 pagine e qui ne diamo solo una breve sintesi. Ma chi è interessato direttamente all’argomento non perda l’occasione di leggerlo interamente: troverà una meticolosa disamina di ogni minimo aspetto dell’assistenza ai pazienti terminali e, per ogni variabile, indicazioni e consigli sui comportamenti da tenere e le decisioni da prendere.

Attenzione al lessico! Nell’introduzione si spiega ai dottori, a scanso di equivoci, la differenza tra i termini must e should usati nel testo. “You must” significa un dovere assoluto; “You should” significa un dovere con margini di discrezionalità in relazione alle diverse circostanze.

All’inizio sono specificati alcuni principi generali.

In primis cosa s’intende per fine vita:

Uno stato caratterizzato dalla probabilità di andare incontro a morte nei dodici mesi successivi. Riguarda:

* pazienti la cui morte è imminente (ore o giorni);
* pazienti in condizioni avanzate, progressive, incurabili;
* pazienti in condizione di generale fragilità associata a gravi patologie;
* pazienti con gravi patologie la cui vita può essere a rischio per il sopravvenire di crisi acute;
* pazienti con condizioni acute che minacciano la vita, causate da improvvisi eventi catastrofici;
* neonati estremamente prematuri, con scarse prospettive di sopravvivenza;
* pazienti in stato vegetativo permanente;

Il secondo principio delimita l’area in cui ci si aspetta che debbano prese scelte decisive, come quelle di sospendere o di non iniziare un trattamento quando questo ha la potenzialità di prolungare la vita del paziente. Ciò può riguardare: il trattamento con antibiotici per infezioni potenzialmente fatali, la rianimazione cardio-polmonare, l’emodialisi, la nutrizione e l’alimentazione clinicamente assistita, e la ventilazione meccanica.

Gli altri principi sono:

Uguaglianza e diritti umani

Il medico deve garantire ai pazienti in fine vita la stessa qualità delle cure che riconosce a tutti gli altri assistiti, indipendentemente dall’età, dalla condizione sociale, dallo stato di disabilità.

Presunzione in favore del prolungamento della vita

Le decisioni riguardanti trattamenti in grado di prolungare potenzialmente la vita non devono essere motivate dal desiderio di provocare la morte del paziente. Allo stesso tempo non esiste alcun obbligo di prolungare la vita senza tener conto delle conseguenze per il paziente o delle sue volontà e disposizioni.

Presunzione di capacità

Il medico deve agire partendo dal presupposto che tutti i pazienti adulti abbiano la capacità di assumere decisioni sulle cure.

Garantire la capacità di prendere decisioni

Il medico deve mettere in condizione tutti i pazienti di effettuare liberamente le loro scelte (fornendo, là dove necessario, tutte le forme di supporto e aiuto possibili).

Chi e come decide

I modelli di presa delle decisioni prevedono un confronto aperto e approfondito in primo luogo tra paziente e medico. Il medico fornisce al paziente ogni informazione utile e necessaria per prendere delle decisioni, presentando le possibili opzioni. Il paziente valuta i potenziali benefici e rischi delle varie opzioni e alla fine è lui che decide. “Il paziente – si legge nella guida – ha il diritto di accettare o rifiutare un’opzione per una ragione che può anche apparire irrazionale al medico o anche per nessuna ragione”. Nella relazione paziente-medico sono previste diverse variabili: ad esempio, che il paziente proponga al medico soluzioni terapeutiche inappropriate o irragionevoli o che il paziente rifiuti la sua condizione e quindi lo stesso rapporto col medico (leggere nel testo originale le conseguenze).

Se un paziente perde la capacità di decidere il medico è tenuto a ricercare ogni informazione riguardante una precedente decisione (advance decision) del paziente legalmente espressa di rifiutare un trattamento; il medico deve (must) valutare la validità e l’applicabilità della precedente decisione alle presenti circostanze; se la valutazione porta a un esito positivo, la precedente decisione deve essere rispettata.

In assenza di una precedente decisione del paziente il medico si può confrontare con un tutore legale del paziente il quale prenderà poi la decisione.

In assenza di un tutore legale il medico si confronterà con i parenti del paziente e prenderà con loro le decisioni del caso.

In assenza di un tutore legale, di parenti o comunque di persone in grado di rappresentare il paziente in Inghilterra e Galles è prevista la nomina di un “Avvocato Indipendente” per supportare il medico nella scelta.

Ogni medico può esercitare il diritto di obiezione di coscienza se le decisioni adottate (es: l’interruzione di un trattamento) entrano in contrasto con il proprio credo religioso o i propri valori etici e morali. Ciò può avvenire, dopo che un nuovo collega sia subentrato ufficialmente nel processo assistenziale.

Le procedure relative alla fine vita devono essere considerate al pari delle altre procedure cliniche per cui è doveroso effettuare quando necessario dei corsi di formazione, aggiornamento oppure degli audit interni, per migliorare la pratica e la performance.

L’ultima parte del documento fa riferimento a specifiche condizioni: a) Neonati, bambini e giovani adulti; b) Rianimazione cardiopolmonare; c) Nutrizione e idratazione clinicamente assistita.

La nutrizione e l’alimentazione erogata attraverso un tubo (es: tubo naso gastrico, gastrostomia percutanea endoscopica) o una flebo sono considerate per legge come trattamento medico, e come tali sono considerate nei processi decisionali. Nell’ipotesi di sospendere la nutrizione e l’idratazione clinicamente assistita in pazienti in stato vegetativo persistente, questa decisione va presa – in Inghilterra, Galles e Nord Irlanda – presso una corte. In Scozia, dove non è prevista questa norma, la guida consiglia ai medici di ricorrere ad un parere legale.

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Fonte: Salute Internazionale

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