La scelta condivisa per la nutrizione e l'idratazione artificiale

E' stato pubblicato sulla rivista Toscana Medica di luglio un articolo del dott. Andrea Lopes Pegna, direttore SOD Pneumologia 1 - A.O.U. Careggi Firenze, che espone importanti considerazioni sull'alimentazione artificiale.
Di seguito presentiamo l'articolo.

Ringrazio anche io i Colleghi Giannoni e Ceccherini per il loro contributo sugli aspetti bioetici della nutrizione e idratazione artificiale (NIA), pubblicato su Toscana Medica del mese di settembre 2007, per le loro puntualizzazioni che condivido completamente. Il loro articolo mi stimola a riaffrontare il tema della scelta condivisa sia da parte del paziente competente che da parte dei famigliari/care giver dell’ammalato non più competente quando deve essere presa la decisione di iniziare la NIA.

Paziente competente

Franz Joseph Haydn ha composto la famosa “sinfonia degli addii” caratterizzata dalla particolarità che gli strumenti ad uno ad uno abbandonano la sala d’orchestra fino allo spengersi progressivo del suono. Così potrebbe essere paragonata la storia naturale di alcune forme di distrofia muscolare progressiva o di altre miopatie con la perdita prima delle capacità motorie e conseguente perdita della autonomia nei movimenti, poi perdita della possibilità di relazione col mondo esterno per impossibilità a parlare, infine con la perdita della autonoma capacità respiratoria e della capacità di proseguire l’alimentazione per via naturale. Mi vengono in mente le fotografie di Piergiorgio Welby pubblicate sui giornali; le fotografie degli anni passati quando era giovane ritratto insieme alla moglie, con le sue capacità motorie appena segnate dalla malattia; poi le ultime foto con Welby in un letto, tracheostomizzato, con vicino il Ventilatore Meccanico e la sacca nutrizionale per la PEG. Con la perdita della normale alimentazione si viene ad interrompere non solo il piacere del cibo, ma anche il piacere di poter socializzare con gli amici e i parenti al momento dei pasti. Nella sinfonia di Haydn anche se progressivamente si affievolisce sempre più il suono della musica rimane sempre presente fino alla fine la melodia; così nell’ammalato di distrofia che perde progressivamente le proprie capacità, può però permanere sempre viva la capacità di adattamento e di attaccamento alla vita. Recentemente si sono ricoverati due giovani per polmonite ab ingestis nella Divisione Pneumologica che dirigo. In entrambi i casi la polmonite era stata determinata dalla disfagia insorta a causa della miopatia progressiva della quale erano affetti. In entrambi i casi si poneva l’indicazione ad iniziare la NIA con la PEG. Mentre nel primo caso il paziente, che non aveva la capacità di parlare a causa della distrofia, ma che comunicava chiaramente indicando con la lingua le lettere stampate in un tabellone che i famigliari li ponevano davanti, costruendo così le parole del suo “parlare”, con decisione ha espresso la sua volontà a voler iniziare la PEG. Nel secondo caso invece la PEG non è stata accettata perchè il padre del giovane, esprimendo chiaramente il sentimento del figlio, mi ha detto “l’unico piacere che gli è rimasto della vita è quello del cibo... non gli può essere tolto anche questo!”; così rispettando la sua decisione, una volta guarito della polmonite, il giovane è stato dimesso con l’impegno del padre a continuare ad alimentarlo con pazienza e delicatezza con cibo semisolido e addensanti, magari impegnando anche più di un’ora in questo suo compito per ogni pasto, cercando di evitare così il rischio dell’inalazione degli alimenti.

Paziente non competente

Diversi sono i protagonisti della scelta per l’ammalato non più competente, come l’ammalato di Alzheimer o di altre forme di demenza; la scelta verrà condivisa in questo caso tra i famigliari /care giver e il medico. Correttamente però Giannoni e Ceccherini nel loro articolo ci dicono che la disfagia, sintomo costante dell’Alzheimer, è spesso presente precocemente nella storia naturale di questa malattia. Mi domando quindi, a questo punto, se sempre il paziente viene informato quando compaiono i primi sintomi di Alzheimer, in merito alla propria malattia e ai suoi possibili futuri sviluppi; in particolare viene loro posto il problema della possibilità e necessità di iniziare in futuro la nutrizione artificiale con PEG? Le linee guida raccomandano di dire la verità, naturalmente dopo avere valutato il desiderio di informazione del paziente, anche a coloro che iniziano ad avere sintomatologia riferita ad Alzheimer sia per quanto riguarda la diagnosi che la prognosi, pur tenendo conto del timore di aumentare il loro stato ansia e di depressione. Deve essere comunque dimostrato che nascondere la verità al paziente sia davvero di beneficio per il paziente. In assenza di altra convincente evidenza il paziente dovrebbe continuare ad essere visto come il principale attore nelle decisioni sanitarie che devono essere prese. Purtroppo la decisione in merito all’inizio della NIA avviene spesso quando la malattia è in fase avanzata, quando il ruolo della PEG è controverso. Nella maggioranza dei casi la scelta di posizionare la PEG viene lasciata ai parenti/care giver, senza che i pazienti in anticipo siano stati coinvolti direttamente in questa decisione terapeutica. Il medico dovrebbe informare correttamente ed in modo obiettivo sui possibili risultati della PEG in questa fase della malattia, senza influenzare col proprio pensiero la decisione di coloro che si prendono cura dell’ammalato o scaricare su di loro la propria incertezza se iniziare o meno la NIA.

Occorre ricordare che la NIA rappresenta un’evenienza comune nei pazienti affetti da demenza; delle 120.000 PEG inserite ogni anno negli Stati Uniti circa il 30% vengono posizionate a soggetti affetti da demenza. Esiste però controversia di opinioni se iniziare o meno la NIA nella fase avanzata della demenza, perchè i pazienti che richiedono la PEG sono di solito gravemente compromessi e frequentemente vicini alla morte. Il beneficio della NIA in questi pazienti non è chiaro ed è simile a quello dei pazienti con malignità in fase terminale. Anche se non è stato dimostrato un vantaggio della PEG in termini di sopravvivenza, vanno considerati però i possibili vantaggi legati alla possibilità di poter idratare i pazienti e alla possibilità di poter somministrare i farmaci.

La scelta dei parenti/care giver può essere dettata dal valore da loro dato alla vita; in questo caso la PEG viene accettata ritenendo più importante di ogni altra cosa prolungare la vita, anche a scapito di peggiorare la qualità della vita. In base al pensiero della “sacralità della vita” c’è chi ritiene, quindi, un dovere alimentare il demente anche se nella fase terminale della vita; la NIA non può essere negata in nessun modo perché, va distinta dalle altre cure mediche.

Bisogna però rispondere alle seguenti domande:

Il paziente con demenza avanzata sta morendo?

Il demente con difficoltà alla deglutizione ha una prospettiva di vita di pochi mesi, senza che la PEG possa prolungare la sua sopravvivenza; alla fine della vita non può perfino deglutire la propria saliva e a causa dell’aspirazione delle proprie secrezioni morirà nel giro di pochi giorni, sia inserito o meno il tubo per la nutrizione. Pertanto il demente che ha difficoltà alla alimentazione può essere considerato come il morente; naturalmente va valutato caso per caso. Va però precisato che, per motivi etici, non sono stati mai eseguiti studi che hanno messo a confronto la sopravvivenza degli ammalati con demenza in fase avanzata e difficoltà alla normale alimentazione ai quali è stata posizionata la PEG rispetto a coloro ai quali non è stata posizionata. Questo è uno dei motivi per cui alcuni rimangono favorevoli alla PEG anche nella demenza in fase avanzata.

La demenza di per sé o la NIA è causa di sofferenza?

Vi è incertezza se la NIA possa prolungare la sofferenza e se la demenza causi di per sé sofferenza. La demenza non rappresenta di per sé condizione di sofferenza fisica, ma è spesso associata allo sviluppo di complicazioni causa di sofferenza (ulcere da decubito, anchilosi con impossibilità di estendere gli arti, polmoniti). Per il demente però, pur non avendo la capacità di vivere la sofferenza esistenziale per aver perso la capacità cognitiva di una volta, anche un semplice prelievo di sangue è causa di sofferenza perché non capito. Da questo punto di vista quindi il prolungamento della vita nella demenza in fase avanzata, equivale al prolungamento della sofferenza e quindi sono inappropriate metodiche di sostegno vitale. Per evitare poi che il demente si strappi il tubo di alimentazione, potrebbe essere addirittura legato a letto e questo creerebbe degrado e sofferenza. La nutrizione artificiale non deve essere mantenuta a forza ad un soggetto che la rifiuta, come, analogamente, non si deve costringere all’alimentazione un adulto sano usando la forza. Lo stesso comportamento è da tenere col demente, che, per altro, si trova in condizioni di maggior inferiorità rispetto al soggetto competente. Quando siamo di fronte a prospettiva di vita solo di alcune settimane o mesi, quello che conta è la qualità della vita.

La NIA per il demente differisce dalle altre terapie mediche?

Chi non ritiene la NIA alla pari di altre terapie mediche, pensa che i nutrienti e i liquidi non devono essere mai negati, neppure al demente che ha perso la capacità di deglutizione e che ogni paziente deve essere sempre alimentato, perché l’alimento è un’esigenza della natura, per tutti, compresi gli animali per sostenere la vita. Questo pensiero che rappresenta la posizione ufficiale che il Comitato Nazionale di Bioetica (CNB) nel 2005 ha espresso in merito alla NIA artificiale per i pazienti in stato vegetativo permanente, come sottolineato da Giannoni e Ceccherini, non solo ha spaccato in due i componenti del CNB tra i favorevoli e i contrari, ma fondamentalmente oggi rappresenta l’ostacolo principale per un accordo alla trasformazione in legge il DDL sulle direttive anticipate di cura presentato dal Senatore Ignazio Marino. Chiaramente sarebbe sbagliato non dare cibo o liquidi a chiunque sia capace di alimentarsi per bocca, come sarebbe egualmente sbagliato mettere una persona in una stanza senza ossigeno. Ma negare l’alimentazione naturale è altra cosa rispetto alla negazione di un trattamento medico quale quello della PEG al soggetto con demenza. Costringere una persona senza il suo consenso (o di chi se ne prende cura in caso di non competenza dell’ammalato?) alla nutrizione artificiale col tubo oltre a non rispettare quanto stabilito dall’Art. 32 della Costituzione Italiana, equivarrebbe a costringerlo alla ventilazione meccanica se non in grado di respirare autonomamente. Se l’alimentazione naturale non è comparabile a una terapia medica, non è vero comunque che la nutrizione artificiale sia uguale al cibo. Per questo motivo anche alcune autorità religiose hanno condiviso la posizione che la NIA sia una terapia medica vera e propria. Secondo motivo per cui la NIA rappresenti un caso speciale è spiegato dal fatto che il cibo e i liquidi sono di conforto per le persone; cosa diversa avviene per coloro che hanno perso la loro capacità o volontà di alimentarsi; tipicamente i pazienti con neoplasia metastatica e che sono abbastanza lucidi da descrivere la loro esperienza, negano tutti la fame e la sete. Estrapolando, i pazienti con demenza, che non possono alimentarsi più, non esprimono disagio per il loro stato di denutrizione. La NIA con un tubo inserito chirurgicamente nello stomaco e con l’introduzione di nutrienti per pompa non equivale al prendersi cura del demente come invece deve essere fatto evitandogli, ad esempio, il dolore o il freddo o l’insorgenza di decubiti.

Riassumendo quindi il demente in fase avanzata sta morendo; sta soffrendo (anche semplici attività come il vestirlo, il lavarlo, il muoverlo possono impaurirlo e causargli sofferenza); i pazienti con demenza in fase avanzata non avvertono né fame né sete; la NIA con PEG non è più naturale o necessaria di quanto lo sia la Ventilazione Meccanica. Chi considera quindi anche la NIA nei compiti del prendersi cura, ha una conoscenza errata di questa, non conosce la natura dell’Alzheimer e le conseguenze della negazione della NIA.

Il mondo medico accetta la NIA se questa può prolungare la vita del paziente o diminuire le sue sofferenze; se però non si ha prova del suo beneficio e può essere anche dannosa, non c’è alcuna ragione di nutrire artificialmente un paziente morente. Alcuni ritengono che, nel caso di persone dementi con difficoltà alla deglutizione, la via più appropriata di alimentazione da scegliere sia comunque sempre quella di un’alimentazione naturale eseguita manualmente, con lentezza e delicatezza per evitare l’inalazione degli alimenti. Sarebbe inaccettabile il rifiuto di questo tipo di alimentazione solo per le difficoltà legate alla mancanza di tempo delle persone che si prendono cura del demente e per i costi che essa può richiedere. L’alimentazione manuale naturale come su riferito potrebbe quindi essere considerata la via di scelta al posto della nutrizione artificiale.

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