Esiste forse per ciascuno di noi un posto particolare dove il tempo si è fermato e tutto sembra essere incantato, “un posto delle fragole”, un luogo in cui si è come posti davanti ad uno specchio per vedere quello che siamo diventati, quello che abbiamo perduto e quello che, forse, possiamo ancora ritrovare.
In questo posto simbolico legato alla propria infanzia, Isak Borg, vecchio professore egoista e misantropo, in viaggio da Stoccolama a Lund per la celebrazione del suo Giubileo all’Università, con la nuora Marienne e tre giovani ragazzi incontrati per strada Victor, Anders e Sara, farà il suo viaggio personale tra ricordi e realtà.
In questa sorta di pellegrinaggio, nella mente del vecchio professore non potranno fare a meno che emergere episodi, sogni, incontri, tutte tappe di un percorso catartico all’interno di se stesso, riuscendo a scorgere quelli che sono stati i suoi fallimenti, la sua vuota solitudine e la fine che lo attende.
In pieno stile Bergman la morte fa sempre capolino ed è pronta ogni volta a giocare a scacchi ogni cosa per il possesso di un’anima.
In questo libro è lo stesso professore a giocare la sua partita con la morte, per cercare soprattutto di comprendere la sua vita sino in fondo, anche se per alcune cose è, ormai, troppo tardi.