Riportiamo di seguito una filessione sul tempo di Alessandra Scoppetta.
Questa è l’era della fretta, dello smart phone, di internet, degli e-book, delle riviste elettroniche on line, della lingua anglosassone, delle vie di fuga che si traducono in informazioni e comunicazioni tecnologiche, degli auto scatti sui social media, e tanto altro... ma, fermiamoci pochi minuti ed insieme riflettiamo: cosa ci stiamo perdendo?
In mezzo a noi tante persone che camminano per strada con la testa china e lo sguardo incollato su un piccolo quadrante... Non si tratta solo di persone adulte, molto spesso riconosciamo adolescenti o addirittura i bambini che per farli restare tranquilli, al ristorante con mamma e papà guardano intensamente un gioco o video sul telefono dei genitori appoggiato sul tavolo, tra piatti e forchette, in bilico su un bicchiere. Il distacco sociale inizia proprio da qui. Negli ultimi anni non abbiamo saputo educarci alla nuova tecnologia seppur tanto comoda: con un semplice click se hai fame cerchi un ristorante, se ti perdi attivi il navigatore, se non ti ricordi qualcosa lo cerchi, se hai dolore c’è “Dottor Google” che ti cura! Poi i messaggi Waths app, così istantanei... In un momento si arriva ovunque, ma non al nostro benessere interiore, intendo quello costituito dal contatto umano, quello vero, la socializzazione un po’ sbiadita e solitaria in mezzo a tanta gente e tecnologia che ci circonda. L’abbraccio, lo scontro, la discussione, la pacificazione, il compromesso, l’educazione nel rispettare l’altro, il ritrovarsi e condividere tante piccole cose in gruppo o con pochi amici e parenti. Il fattore “tempo” che scivola con un’accelerazione incredibile e costante perché troppo divorati dal lavoro, stanchezza, poco tempo da dedicare alla propria famiglia, agli amici, la cura di noi stessi, lo sguardo rivolto verso il mondo e la natura che ci circonda tanto bella ma non abbastanza osservata e apprezzata. Uno sguardo che va al di là della solita routine e cose date per “scontate”. Una volta si scrivevano persino lettere o cartoline, oggi la mia posta è vuota, non arrivano neppure le bollette perché elettroniche... Beh, non voglio cadere in retorica, mi accade ogni tanto di fermarmi, di osservare, riflettere, e sfruttando una pagina social dell’azienda dove attualmente lavoro, ho voluto dedicare poche righe ad un personaggio d’altri tempi: “Il giornalaio d’altri tempi”:
“Era da molto tempo che non prendevo il caffè al bar prima di entrare in servizio, e stamani l'ho fatto. Niente di strano in tutto questo, ma la differenza è stata osservare l'edicola chiusa al mattino presto... Parlando con la barista ho scoperto che adesso è chiusa per sempre. Sono rimasta molto dispiaciuta e nostalgica, perché il ricordo è balzato indietro di anni luce, quando il padre della proprietaria dell'edicola, con il suo "carretto" colmo di giornali faceva capolino nei nostri reparti e sale di attesa. I pazienti non vedevano l'ora che passasse il giornalaio! Chi acquistava il quotidiano, chi la rivista dei pettegolezzi, chi il cruciverba per passare il tempo ed altro ancora. L'uomo alto, scarno, spesso dalla barba un po' incolta distribuiva i suoi giornali regalando un sorriso e gentilezza persino quando era diventato un po' anziano e quasi quasi non ce la faceva più a spingere il suo "carretto, lui continuava a trascinarlo con il sole o con la pioggia. La figlia, dopo la sua scomparsa, ha provato a tenere l'edicola fuori dal Campus, ma probabilmente qualcosa non è andata per il verso giusto. Negli ultimi anni le nuove leggi hanno impedito di gran lunga il passaggio del giornalaio oppure l'acquisto di una pizza da asporto, ma non sto a polemizzare... Io stessa a casa ho ancora la collezione dei dvd di "Le scienze" di Piero Angela, che lui ogni mese mi teneva da parte sapendo che avrei fatto tale collezione. Salutando la barista le ho detto: "che peccato è scomparsa un attività storica ed il ricordo di quel signore buono che si faceva in quattro per far passare il tempo a tantissimi pazienti". Lei guardandomi mi ha risposto: "signora erano altri tempi, bei tempi..."
Ho voluto scrivere per condividere un ricordo di un semplice giornalaio che con il suo umile lavoro, ha fatto passare un po' di tempo ai nostri pazienti distogliendoli per minuti o ore dal pensiero di essere ricoverati o dalla malattia che dovevano affrontare. Ho ricevuto inaspettatamente tantissime risposte da colleghi e colleghe coetanee che hanno vissuto come me, un altro modo di lavorare, ovvero, meno distante dalle persone e con una tecnologia quasi inesistente, certo non sto narrando del “medioevo”, ma di quel tempo che nei reparti avevamo un unico telefono fisso, oppure un telefono a gettoni con le ruote provvisto di un filo lunghissimo che attaccavamo alla presa posta a metà reparto per accontentare le richieste dei nostri pazienti di voler telefonare ai propri cari. Le rotelle spesso si bloccavano e risultava pesante trasportarlo, ma eravamo sempre disponibili perché donavamo pochi momenti di gioia a loro, già pochi momenti, soprattutto se la telefonata era interurbana determinata dal tintinnio dei gettoni o monete introdotte all’interno e subito divorate dall’apparecchio che non mancava d’interrompere a metà la chiamata! Era il tempo delle Suore che coordinavano: corsie pulite a specchio, comodini e pazienti impeccabili. Attente che filasse tutto liscio e pronte ai rimproveri per la divisa sgualcita, macchiata e redarguire il tono troppo alto di voce o corse nel corridoio.
Per questo ricordo, seppur piccolo, vi scrivo qui sotto qualche commento di risposta al mio post:
-“Non esiste più quel mondo e quell’ ospedale.... ho fatto la scuola infermieri alla Beatrice Portinari e conseguito il diploma nel 1993 dopo la maturità magistrale (adesso magistrale significa altro) e quando il giornalaio veniva in reparto era bellissimo! Con i malati ci si metteva d'accordo sui giornali da comprare e facevano il giro di tutto il reparto. Solo 47 letti.. ed in 3 operatori, eppure tutti accuditi e curati; il giro letti finiva alle 12 parlando anche degli articoli letti, si facevano dei ricami e delle risate.... Che passato bello hai ricordato e grazie per la condivisione Ora si legge tutto al cellulare!
- “Anche io ricordo quando passava da San… e i pazienti lo aspettavano e gli ordinavano le riviste per il giorno dopo. Era sempre rispettoso e gentile, veramente bravo, che peccato!”
- “Si, era molto atteso, e.. se qualche volta non passava i pazienti si preoccupavano!”
- “ So benissimo di cosa parli, io sono dipendente da 35 anni, poi mamma lavorava in maternità, per cui il giornalaio lo ricordo dagli anni 70”
-“ Bella riflessione davvero.. nostalgia di certe delicatezze che lo sviluppo e la tecnologia ci hanno tolto!”
“ I bei tempi non sono neanche così lontani, ma tutto è cambiato! Il signore dei giornali, perché lui si, che era un signore! Fa tutto parte di quei rapporti umani che ci hanno fatto perdere, dove lo spazio di un saluto anche tra colleghi, quasi non esiste più. Grazie per quello che hai scritto, condiviso e un saluto al “Signore dei giornali” ovunque lui sia”.
Quella gentile e sensibile persona, pronta ad accontentare tutti, aveva anche un nome, ma noi ce lo vogliamo ricordare come “Il signore dei giornali” o “Il giornalaio d’altri tempi”.