Diversi piani si intersecano in questo film in uno splendido bianco e nero, ambientato nella Polonia degli anni '60, post seconda guerra mondiale. Un passato sconosciuto per la giovane Anna, futura suora in un convento da quando i genitori sono stati uccisi, una zia che non ha mai voluta conoscerla; la religione tra cristianesimo e ebraismo; la vita conventuale e la vita reale; il peso di essere sopravvissuta alla Shoah; l'importanza di dare degna sepoltura ai morti e di chiudere il cerchio della vita; le ultime scelte di vita – suicidio e ritiro in convento.
Anna, Ida Lebestein ebrea nascosta in un convento, prima di prendere i voti viene invitata ad incontrare la zia Wanda che mai l'ha voluta conoscere pur sapendo della sua esistenza. Si scontrano-incontrano due mondi: quello ovattato, protettivo e isolante del convento e quello della vita della zia, giudice alcolizzata spesso alla ricerca di uomini, ex combattente della resistenza antinazista (che le ha permesso di salvarsi dai campi di sterminio) e militante del partito. L'avvicinamento fra le due avviene attraverso le foto familiari e la ricerca del luogo dove i genitori di Anna-Ida, ebrei, sono stati sepolti. Andate nel paesino dove erano stati nascosti, superate omertà, rintracciano l'anziano che aveva nascosto nel bosco i genitori di Anna-Ida prendendosi cura di loro, uccisi poi per paura di rappresaglie dal figlio. La piccola Ida fu così abbandonata nel convento. Il posto della sepoltura, in mezzo al bosco, viene ritrovato, le ossa recuperate e teneramente avvolte in coperte per essere poi sepolte nella tomba di famiglia, nel cimitero ebraico di Lublino, ormai abbandonato.
Il suicidio della zia Wanda, a compimento dell'atto di ritrovamento e sepoltura dei corpi dei familiari, con la sua leggerezza del salto nel vuoto, la libera dal peso di essere sopravvissuta e dalla sua vita disastrata dopo la fine della guerra. È la molla che permette a Ida di provare la vita reale, fuori del convento, prima di “sacrificarla” ai viit, come le aveva consigliato la zia. Dalla fine della storia è possibile ipotizzare che Ida decida di prendere i voti oppure che, nonostante abbia nuovamente indossato l'abito monacale, si avvii nella strada della vita. Colpisce la scarsa espressione emotiva della giovane donna contrapposta a quella turbolenta della zia. Per lei, alla fine, dare degna sepoltura ai parenti e conoscere la nipote superstite, sembrano atti per chiudere il cerchio della propria vita; per Ida il cerchio può non essersi mai aperto, chiusa nel convento, in una vita dettata da regole e da isolamento, oppure aprirsi improvvisamente con una nuova visione della vita stessa.
Il bianco e nero rende benissimo il clima post bellico e le ombreggiature delle inquadrature sui primi piani dei personaggi riflettono l'incertezza nelle scelte e nello svelamento della verità della storia.