Ho partecipato alla presentazione del libro ”Ho il cancro e sono felice. Vicissitudini di un'abruzzese trapiantata a Firenze” di Ileana Cameli, presso la Biblioteca dell'Isolotto il 12.6 u.s. spinta dalla curiosità e infastidita dal titolo. Curiosità per l'argomento, essendo stata anche io attraversata dal cancro come narrato in “Mani sul mio corpo. Diario di una malata di cancro” e infastidita da un titolo quasi provocatorio come se il cancro avesse anche il potere di rendere felici oltre al potere distruttivo, devastante.
La presentazione fatta dall'autrice ha chiarito il senso del titolo attraverso il racconto del suo incontro – percorso con la malattia che può, forse, riassumersi così: anche se ho il cancro, nonostante la malattia e in parte grazie anche ad essa, sono felice.
La lettura del libro ha reso ancora più esplicito il senso del titolo e del messaggio/invito che l'autrice rivolge al lettore.
Nel percorso di cura del cancro Ileana Cameli, già vicina e praticante meditazione, yoga, non si è affidata e limitata solo alla medicina tradizionale ma grazie a ricerca personale e Internet, ha cercato e provato le cosiddette medicine alternative, complementari, parallelamente ad un lavoro interiore per rimuovere i blocchi energetici, i nodi che possono favorire l'insorgere e il propagarsi del cancro. Il cammino con la malattia segue quindi parallelamente un percorso spirituale, incontrando, sperimentando e facendo propri i principi di consapevolezza di Thich Nhat Hanh; il lavoro psicoterapeutico finalizzato alla presa di coscienza dei meccanismi mentali attraverso il riconoscimento delle emozioni e credenze sottostanti, portando Cameli ad una maggiore conoscenza dei moti dell'anima e loro accoglimento – come madre che abbraccia e tranquillizza un bimbo che piange – fino a lasciarli andare. Principio fondante, alla base di tale scelta è la assunzione di consapevolezza e responsabilità sulla autodeterminazione della propria vita e quindi della propria salute - malattia, prendendo decisioni anche insolite, contrarie e contrastanti la medicina tradizionale che raramente riesce ad accoglierle, seppur come coadiuvanti la cura classica “da protocollo”.
La malattia è, come ormai da più voci affermato, un'opportunità per rivisitare sé stessi, le idee personali sulla vita, sull'essere nella vita, un deframmentare il vissuto personale per colmare e unire – eliminandoli – quei vuoti che possono aver causato o ancora causare, disarmonia, disequilibrio, dolore. La malattia è metaforicamente il viaggio che si percorre attraverso cellule malate, terapie più o meno invalidanti, per riportare il senso della pace e della felicità dentro sé stessi e restituire energia e vitalità ad ogni infinitesimale cellula, con un effetto “domino” su ogni componente l'organismo vivente e ciò che lo circonda e di cui ne fa parte.
Tuttavia il viaggio metaforico della malattia non è possibilità offerta e percepita da tutti coloro che ne sono colpiti. La storia e la crescita personale rimangono pur sempre uniche; le possibilità poi offerte dal SSN sono già pochissime per la cura tradizionale, rendendo perciò quasi impossibile avvicinarsi ad un altro tipo di medicina.
L'augurio, presente anche nel testo, è che quando uno è attraversato da una malattia invalidante, cronicizzante, con un minore o maggiore evidente esito infausto, possa avere a disposizione la gamma più ampia di terapie – tradizionali, alternative, complementari - ; che la condivisione del piano terapeutico sia anche accettazione da parte del medico della volontà e decisioni espresse dalla persona con malattia (e non solamente una accettazione univoca della proposta del medico); che venga accolto e rispettato il principio di autodeterminazione della persona con malattia; che la cura, la medicina limiti quanto più possibile o addirittura elimini, il vincolo economico speculativo (vedi alcuni farmaci piuttosto che altri) che ricade poi sulla pelle e la qualità di vita del malato; che il principio di gratuità all'accesso delle cure sia effettivamente attuato.