Forlì: Giancarlo Biserna scrive ai cattolici sul tema del testamento biologico

Il Vicesindaco di Forlì, Giancarlo Biserna, parla ai non cattolici dalle pagine di Romagnaoggi.it, per poter esprimere il suo pensiero e porre delle domande aperte sul testamento biologico, affinchè non sia bollato ma preso in esame come tema riguardante tutti.

Riportiamo di seguito le parole di Biserna.

Carissimi, sul testamento biologico si può misurare oggi la nostra capacità di andare oltre le posizioni molto stereotipate della politica, cercando un nuovo confine che unisca le diverse visioni tra credenti e non credenti. Spettano ai non credenti riflessioni più ampie ed in grado di cogliere il senso della vita oltre la loro ragione, come spettano ai credenti le responsabilità di stare nel proprio tempo, pur tenuti fermi i valori fondamentali della fede.

Parlo oggi dell' accanimento terapeutico, sul quale mi pare siamo tutti d'accordo. Va rifiutato, ma ci permette di entare in modo concreto sul tema del testamento biologico. Ebbene, come si può rapportare ad esso colui che crede? Il non staccare la spina non solo impedisce allo spirito del malato terminale di re-immergersi nel cuore della piena vita universale, ma accresce anche la sofferenze dei familiari che lo assistono spesso soli e senza alcun aiuto sociale.

D' altro lato l' eutanasia che vuol porre fine, per amore, alle sofferenze del malato, corre il grave rischio che la morte accelerata avvenga in nome di - volontà collettive -, e la storia ce lo insegna. Bisognerebbe, più che di eutanasia, parlare di come favorire il transito naturale della persona, persona che crede nella sacralità dell' esistenza.

Se la vita è un dono, che cosa è quel breve "segmento di vita" che si svolge su questa terra? Vengo dall' Assoluto, ritorno all'Assoluto, la morte non è la fine della vita, ma è transito, passaggio, ponte da uno stato di vita ad un altro stato di vita. E' in questo senso che la morte riafferma il valore della vita, perchè l' anima non viene uccisa con il corpo e l' unico modo per sfuggire alla morte è di conquistarla, trascendendo il sè mortale (Missionari Oggi)..

Per dirla con Vito Mancuso "non è il vivere a lungo che definisce l' essere uomo, bensì la libertà. Il vero uomo è l' uomo libero, libero anche da se stesso e dai suoi interessi immediati. Può spendersi per il bene e per la giustizia senza temere, quando è il caso, di rischiare per questo la vita fisica. La vita non è il numero dei giorni vissuti, ma la qualità etica e spirituale dei giorni vissuti.

Può quest'uomo in piena responsabilità decidere per i suoi possibili momenti che costeggiano una morte certa e dolorosissima, e con la sua mente non più consapevole, decidere di non volere più qualsiasi tipo di alimentazione per attendere la fine naturale? Può quell'ultimo sacrificio di possibile enorme sofferenza dei giorni finali (o preiniziali) essere visto non tanto come una uccisione della vita - da rifiutare - ma come consacrazione a Dio delle proprie sofferenze, del proprio martirio in funzione della prosecuzione della vita? Io credo che tutti noi cattolici siamo chiamati a fare - prima di decidere alcunchè - questa ultima decisiva riflessione.

Giancarlo Biserna, vicesindaco di Forlì responsabile Italia dei Valori

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