Testamento biologico, un appello bipartisan. Autodeterminazione e sacralità della vita i principi ispiratori. Un emendamento al disegno di legge per salvare volontà individuale e alleanza terapeutica.
Nelle dichiarazioni anticipate di trattamento, giungere a un equilibrato e non illiberale contemperamento dei principi in gioco è possibile; e neanche troppo difficile, se utilizziamo un approccio non ideologico alla sostanza del problema.
Il dilemma etico delle DAT è noto: la dignità della vita da un lato, e la sua richiesta di autodeterminazione; l’indisponibilità della vita, dall’altro, e l’istanza della sua sacralità, affidata alla protezione della “comunità”, che prima ancora che in una legge vive in quel che si chiama “alleanza terapeutica” tra medico e paziente e fiduciario e/o familiari. E’ un dilemma arduo ma districabile, se si fanno dialogare positivamente nella norma questi due principi.
La norma dovrebbe garantire il rispetto della volontà del paziente, del suo diritto all’autodeterminazione sulle scelte di cura del “fine vita”, ma insieme riservare al dialogo tra medico, fiduciario e/o familiari una meditata possibilità di sospensione di queste volontà. Per esempio, la sospensione di quelle volontà potrebbe darsi quando esse si esprimono nel rifiuto di nutrizione e idratazione artificiali in stati vegetativi permanenti, se da questa sospensione si può attendere (e fin quando lo si può) un reale beneficio terapeutico. E’ cruciale che sia possibile la sospensione motivata e pro tempore dell’attuazione del vincolo giuridico delle disposizioni del paziente come uno “spiraglio di revisione” al dispositivo delle DAT. Ciò senza che sia cancellata, però, l’impegnatività giuridica e morale del vincolo previsto dalle DAT, perché una norma che lo disconosca a priori e impedisca il rifiuto del paziente di questa o quella previsione terapeutica non ne rispetta l’autodeterminazione.
Autodeterminazione riconosciuta dal diritto e dalla deontologia medica. D’altra parte, il disconoscimento della vincolatività delle Dat vanifica anche qualsiasi istanza di alleanza terapeutica, dal momento che questa si fonda sull’autonomia del rapporto tra medico e paziente; autonomia che viene meno, e con essa l’alleanza terapeutica stessa, se è lo Stato a farsi carico di decidere per legge, oltre a cosa si può o non si può dichiarare nelle DAT, a quali decisioni di cura deve condurre quella relazione (quando e come cioè sospendere idratazione e alimentazione artificiali perché non si dia accanimento terapeutico). In uno scenario giuridico di divieti, o di prescrizioni obbliganti, siamo fuori sia dall’autodeterminazione consapevole del paziente, sia dall’alleanza terapeutica. Siamo, piuttosto, sul terreno di una bioetica di Stato. L’illiberalità del testo che arriva in Aula alla Camera sta nell’incoerenza rispetto agli stessi principi (libertà di cura e alleanza terapeutica) che dichiara di voler bilanciare. Sanare questa incoerenza, se si vuole, è possibile.
Quanto fin qui detto può tradursi in un emendamento per l’aula della Camera che, dopo aver ribadito come nutrizione e idratazione siano “forme di sostegno vitale, destinate fisiologicamente ad alleviare le sofferenze”, afferma che esse debbano “sempre essere assicurate al paziente nelle diverse forme in cui la scienza e la tecnica possono fornirgliele”. Tuttavia “qualora il rifiuto di alimentazione e idratazione artificiale sia stato espressamente oggetto della dichiarazione anticipata di trattamento, tale dichiarazione deve intendersi come impegnativa per le decisioni che il fiduciario, ove nominato, dovrà concordare con il medico curante e con i familiari, ovvero per le decisioni che il medico curante dovrà assumere d’intesa con i familiari. In tale caso, la dichiarazione anticipata di trattamento potrà essere disattesa solo se ricorrano motivate prospettive di beneficio terapeutico per il paziente, da riportarsi nella cartella clinica, la cui valutazione spetta al medico curante che le proporrà al fiduciario, se nominato, e ai familiari, e fino a quando esse siano ragionevolmente attese. In caso di disaccordo tra il fiduciario, il medico curante e i familiari, sui tempi e le modalità di attuazione della dichiarazione anticipata di trattamento, che preveda per il paziente la sospensione di idratazione ed alimentazione, la valutazione in ordine al beneficio terapeutico di cui al capoverso precedente, è demandata ad un collegio medico – che includa il medico curante – designato dalla direzione sanitaria della struttura che ha in carico il paziente.” Se un simile emendamento venisse approvato sarebbe un successo di tutti.
Sandro Bondi, Luigi Manconi, Eugenio Mazzarella, Giuseppe Calderisi, Santo Versace, Guido Melis, Gaetano Pecorella, Paolo Corsini, Pasquale Ciriello, Giuseppe Saro, Sandra Zampa, Giancarlo Mazzuca.