Cure palliative, si unanime alla legge

Oggi la Camera ha approvato il testo in due sedute. Il piano sarà finanziato con 150 milioni di euro. D'ora in poi per gli oppiacei le prescrizioni saranno più semplici grazie al sì sia della maggioranza che dell'opposizione.
Ora l'attenzione si sposterà sul fine vita.

Riportiamo di seguito l'articolo di Margherita De Bac apparso oggi sul Corriere della sera.it, sezione Salute.

ROMA — Le cure palliative escono dall’ombra e diventano diritto di tutti i cittadini, dal Pie­monte alla Sicilia. Dovranno es­sere assicurate in ogni Regione, con criteri uniformi, sostenute da un finanziamento proprio. In tutto 150 milioni presi in par­te dal Fondo sanitario naziona­le (100), il resto dall’ultimo de­creto anti crisi. Semplificate in modo permanente le procedu­re per i farmaci antidolorifici. L’introduzione del ricettario or­dinario, il passaggio di alcuni derivati della cannabis (e alcu­ni oppiacei) per uso terapeuti­co dalla tabella A alla B e l’esclu­sione automatica dall’elenco de­gli stupefacenti erano previsti da un decreto a scadenza annua­le del viceministro al Welfare, Ferruccio Fazio. Nasce una rete di hospice e centri ospedalieri.

Sono alcuni dei passaggi sa­lienti della legge di iniziativa parlamentare approvata ieri dal­la Camera (ora tocca al Senato). Tempi record, due sole sedute, unanimità. Non era mai succes­so che maggioranza e opposi­zione fossero in perfetto accor­do. Per Livia Turco, ex ministro della salute, Pd, è una soddisfa­zione, anche personale: «La leg­ge ha rischiato di andare avanti senza un euro. Noi abbiamo in­gaggiato un ostruzionismo pe­sante e i soldi sono stati trovati. Ora è una cosa seria, che aiuta i malati in modo concreto. Bella prova di dialogo». Secondo Fa­zio «viene colmato un grosso vuoto». Per Dorina Bianchi, Pd «è la prova che si può avviare una discussione costruttiva». Un augurio per il prossimo lavo­ro, molto più difficile sul piano politico. Il testo sul testamento biologico, all’esame della com­missione affari sociali della Ca­mera. L’armonia appare un mi­raggio specialmente alla luce l’ultimo richiamo di Gianfran­co Fini sull’«obbligo delle istitu­zioni di essere laiche» e la repli­ca gelida del Pdl: «Non accettia­mo lezioni».

Il testo da discutere non è an­cora stato presentato dal relato­re Nino Di Virgilio (Pdl) e non è scontato che si tratti di quello passato in Senato, scritto da Raffaele Calabrò. Eugenia Roc­cella, sottosegretario al Welfare individua gli unici spazi di ma­novra: «Correzioni? Sempre nel­l’ambito della posizione del go­verno. Se come da noi proposto la legge fosse allargata non solo agli stati vegetativi ma anche ai pazienti con perdita di coscien­za duratura, si potrebbe accetta­re la sospensione di idratazione e alimentazione artificiale quan­do assumono il carattere di ac­canimento terapeutico».

Queste due modifiche erano in due emendamenti presentati al Senato rispettivamente da maggioranza e opposizione, en­trambi bocciati. Resta in piedi la prospettiva delineata dal mi­nistro Maurizio Sacconi. Estra­polare dalla legge Calabrò la parte che ricalca sostanzialmen­te il disegno di legge cosiddetto salva-Eluana varato all’unani­mità dal Consiglio dei ministri per evitare che le venissero so­spese le cure così come era sta­to deciso dai giudici. «Il Parla­mento è sovrano di valutare questa opportunità se i tempi della discussione delle norme del fine vita si allungassero», di­ce il ministro.

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