Con i tuoi occhi

Pubblichiamo il racconto del giovane scrittore siciliano, Filippo Ferlazzo, Con i tuoi occhi, tratto dalla sua seconda opera letteraria "Non Guardarmi" pubblicata dalla Casa Editrice Aurea.
Attraverso il suo linguaggio semplice e schietto questo giovane scrittore tocca tutte le corde delle emozioni, anche quelle più nascoste. Riuscendo a trasmettere quelle sensazioni forti che pensiamo essere lontane da noi, ma sono invece presenti nel vivere quotidiano.

Con i tuoi occhi

All'età di quarantadue anni per me e trentacinque per tua madre, abbiamo deciso di rendere concreto il nostro matrimonio, dopo quindici anni di beato rapporto a due. Ora... Tu ti chiederai perchè abbiamo aspettato tutto questo cazzo di tempo per farti venire al mondo. Ti potrei elencare tutte le scuse banali che l'uomo si è creato per giustificarsi in queste situazioni. Potrei dirti: per mancanza di tempo, il lavoro, l'instabilità economica e tante altre piccole e grandi cazzate. La verità? L'egoismo.

Sì figlio mio, lo capirai ben presto che l'uomo è un maledetto egoista. Lo diventerai anche tu, sì pure tu è inutile che pensi di no!

In ogni caso, ti dicevo, abbiamo voluto averti, perchè in fondo avevamo una bella casa e nessun mutuo alle spalle, due ottimi lavori, io in banca e tua madre a scuola. Effettivamente non avevamo nessun problema e abbiamo deciso di accollarcene uno (TU!), sennò ci saremmo annoiati. Sinceramente a me andava bene anche annoiarmi e lo pensavo anche di tu madre o almeno lei aveva detto sempre così: "Figli?! No grazie mi basta vedere quelli di mia sorella". Che fra l'altro, che resti fra noi, sono diavoli venuti sulla terra per annunciare la fine del mondo e, se te li mettono davanti, ti viene il torcicollo a furia di girarti per non vederli in faccia.

Ma ho notato nei suoi occhi una strana luce e un sorriso sospettoso, quando gli proposi di fare un figlio, vale a dire te.

Al primo tentativo avevi già colonizzato tua madre, mettendoti comodo nel suo ventre. Me lo disse una mattina per telefono mentre ero al lavoro, aveva comprato il test di gravidanza, sai quelli dove devono comparire tre faccine (tre? Se ce ne fossero state quattro avremmo fatto poker, per la velocità con cui comparirono), mi disse:

"Auguri papà, sei felice?"

Io ovviamente risposi di sì, ma la mia era più confusione che felicità, o almeno credo.

Già ti eri intrufolato fra noi, me n'accorsi subito, quella sera stessa tua madre era già molto più fredda con me, infatti, mi sembrò di fare l'amore con una mummia e, invece si elettrizzava e quasi si eccitava parlando di te, di come saresti stato, da chi avresti preso e tanti altri bla bla bla. Io mi girai dall'altra parte e sai una cosa... già mi stavi sui coglioni.

Ma infondo fa parte del mondo animale, appena l'uomo adempie i suoi doveri, la donna non sa più cosa farsene del maschio e, si pavoneggia con altri suoi simili (Femmine), dimostrando che lei può creare.

Eri già di due mesi alla prima ecografia. Tua madre cominciò a fare degli strani conti, cose che neanche io nel mio lavoro mi sognerei di fare, e da qui comincerai a capire che le donne hanno strani riti, codici segreti che solo loro riescono a decifrare. Dopo queste formule e un po' d'addizione e sottrazione, siamo arrivati (cioè c'è arrivata lei, perchè io in verità ancora oggi non ciò capito niente) alla conclusione, che tu sei stato concepito nella settimana in cui siamo stati ospiti nella casa al mare di mio fratello per ferragosto.

Ovviamente tua madre, tornati a casa guardava e riguardava quelle ecografie neanche fossero stati quadri di Caravaggio, che poi guardandole bene non si vedeva proprio niente, ma vallo a spiegare a lei.

Tua mamma è sempre stata così, lei riesce a vedere in qualsiasi cosa, persino in una macchia di sugo su una camicia, na' cosa che per noi comuni mortali è una tragedia.

Ma è una delle tante cose che mi hanno fatto innamorare di lei.

Ci siamo conosciuti per caso, avevamo molti amici in comune, ma non c'eravamo incontrati mai. Una sera ad una festa di compleanno, sinceramente ora non ricordo di chi fosse, ci siamo ritrovati seduti nello stesso tavolo uno accanto all'altra, ed una nostra amica ci ha presentato:

"Vittorio... questa è Daniela."

Abbiamo parlato per tutta la sera, dimenticandoci completamente di stare ad una festa. Parlavamo dei suoi studi all'Accademia delle belle arti, della mia laurea in economia e commercio e della ricerca di un lavoro.

"Per il momento faccio il commesso in un negozio di scarpe" le dissi.

"Quale?"

"Il Tip Tap, quello al centro lo conosci?"

"Sì e siete abbastanza cari, dei ladri direi."

Scoppiammo a ridere come due cretini. Feci una cosa strana considerando che sono abbastanza timido, anche se non lo do a vedere, le sistemai una ciocca di capelli che le cadevano davanti agli occhi, dietro l'orecchio. Mi accorsi subito del gesto che avevo fatto e le chiesi subito scusa, in fondo ero un estraneo non mi dovevo permettere. Invece lei di tutta risposta mi sorrise e mi baciò.

Finita la festa ci siamo scambiati i saluti e i numeri di telefono. Lei doveva tornare a casa perchè l'indomani si doveva alzare presto per ritornare a Roma, non l'avrei vista più.

E sai, figlio mio, tutti prima o poi facciamo le cosiddette "Follie d'amore". Io feci la mia, il giorno dopo che era partita, mi ritrovavo alla stazione con il mio biglietto in mano e la valigia carica di sogni. La raggiunsi e da quel giorno non ci siamo laciati più.

Alla terza ecografia abbiamo scoperto di che sesso eri, avevi le gambe aperte e lo sparavi proprio in faccia quasi a dirci "mettetevelo dove non batte il sole" e sono convinto che dentro tua madre sghignazzassi mentre il ginecologo ti spiava. Eri un maschietto, dentro di me imprecavo, avrei voluto tanto una femminuccia di quelle che guardano il padre come un dio greco. Invece no mi era toccato un maschio e, l'idea di ritrovarmi un altro gallo nel pollaio non mi andava giù.

Scoperto il tuo sesso per me cominciò un'odissea. Mi sentivo molto Ulisse sbattuto da una parte all'altra, girando fra negozi per neonati, scegliendo tutto il tuo corredino, dai vestiti alla culla. In quei mesi, quando tornavo a casa , non avevo la forza neanche di discutere con tua madre per tutte le cianfrusaglie che comprava in continuazione, notevolmente più del dovuto. Non eri ancora nato e con quello che aveva speso potevamo andare in vacanza alle Bahams.

Tutto sommato per tutto il periodo della gravidanza non hai dato nessun problema, anzi tua madre stava porpio bene. Aveva sempre un bel colorito in faccia e non si era ingrassata tanto deformandosi quanto tante altre che si vedevano in giro. Già era bella, ma da quando c'eri tu dentro di lei era diventata ancora più bella. Ovviamente il sesso fra noi scarseggiava, soprattutto nell'ultimo periodo, si tutte quelle paure che uno si crea intorno all'argomento sesso e gravidanza. Ma dopo tutto quell'astinenza non c'è pesata tanto, un piccolo sacrificio per ricevere un gran dono... tu.

Sei nato il 7 maggio, con una settimana d'anticipo rispetto alla tabella. Alle 04:25 del mattino hai messo la testa fuori nel mondo, sei nato senza problemi, è andato tutto liscio come l'olio. Io ero accanto a tua madre, voleva tanto che assistessi al parto, le tenevo una mano e quando abbiamo sentito il tuo pianto ci siamo guardati negli occhi ed eravamo un misto di pianto e risate.

Ti hanno avvolto in un panno e messo sulla pancia di tua madre, eri piccolissimo, pesavi tre chili, avevi la faccia come tutto il resto del corpo ricoperto di sangue. Avevi gli occhi chiusi e un po' gonfi per via del parto, ma per un attimo li hai aperti e sembrava che mi guardassi. Sì posso dirlo, con i tuoi occhi la prima cosa che hai visto sono stato io. Poi ti hanno preso e ti hanno portato in un'altra stanza dove ti hanno lavato, fatto i vari controlli e vestito.

Eravamo nella stanza di tua madre quando ti hanno portato, dormivi dentro la tua tutina gialla, quella che avevo scelto io al negozio. Ti hanno preo e rimesso nuovamente nelle braccia di tua madre, io stavo distante avevo paura di farti male, ma tua madre con un sorriso mi chiamò a voi.

"Non fare lo scemo, vieni a vedere tuo figlio."

Quelle parole quasi mi svegliarono e mi avvicinai.

Eri veramente bello. Avevi una carnaggione chiara come quella di tua madre e anche lo stesso colore dei suoi capelli, un castano chiaro. Stavamo giocando a capire da chi avevi preso le mani, i piedi, le labbra, quando ti sei svegliato tua madre allora disse:

"Ciao amore mio."

Ma tu rivolgevi i tuoi occhi su di me, come prima in sala parto avvertii nuovamente una strana sensazione come un tuffo al cuore. Istintivamente avvicinai una mano e con un dito accarezzavo la tua. Tu afferrasti con le tue piccole dita paffutelle il mio dito e da quel giorno non ti ho lasciato più.

Mi dovevi vedere quanto mi pavoneggiavo quando arrivavano i parenti e gli amici per vederti e come mi saziavo dei loro complimenti.

Tua madre mi guardava e scoppiava a ridere spostando la testa da una parte all'altra.

Quando tornavo a casa dal lavoro, mi sedevo sempre accanto alla tua culla a guardarti mentre dormivi e aspettando il tuo risveglio.

Anche ora sono accanto a te e sto aspettando che ti risvegli, ma non sei più dentro ad una culla, hai compiuto tre anni la scorsa settimana e sei su un letto d'ospedale.

Stamattina ti trovavi con tua nonna Anna al parco. Ti ci porta sempre, dice che hai bisogno di spazzi verdi e aria per crescere. Io sono al lavoro e tua madre si trova in gita con la scuola in Spagna, è partita due giorni fa. Ricordi quanto era incerta, non voleva lasciarci soli, quando le comunicarono d'accompagnare la classe.

"Dovrei portare i miei studenti in Spagna, ma non mi va."

"Pechè rinunciare ad una gita gratis?"

"Non lo so, gli allievi sono indisciplinati... e non mi va di lasciarvi da soli per una settimana."

"Vai e divertiti, te lo meriti e, per una settimana ce la caveremo vedrai."

Ti tenevo in braccio facendoti saltellare e dicendo:

"Noi siamo uomini duri, ce la faremo."

Tu battevi le manine quasi a tenere il tempo e tua madre rideva.

Chissà ora che sta pensando... come si sentirà. Sicuramente l'avranno avvisata, poverina era partita così contenta.

Erano le 10:15 quando tua nonna mi ha telefonato su cellulare, piangeva e non riuscivo a capire una parola.

"Vittorio... una... disgrazia" mi ripeteva nei suoi singhiozzi.

"Cosa... cosa è successo... Michele?" ero tutto sudato, avvertivo che ti era successo qualcosa, ma non riuscivo a capire cosa, non capivo niente...

"Siamo al pronto soccorso del policlinico, vieni." Furono le uniche parole chiare, dopo scoppiò un pianto.

Presi la mia giacca e senza avvisare nessuno uscii dalla banca e mi diressi all'ospedale, in meno di dieci minuti ero accanto a tua nonna per cercarla di calmare.

Eri con il tuo triciclo, quello rosso con lo sterzo blu che ti piaceva tanto andarci sopra, a pochi passi da lei. Stava seduta sulla panchina a parlare con una signora che aveva portato la figlia ai giochi. Pochi secondi... due ragazzi con un motorino a dieci metri di distanza stavano scippando una signora, la quale si è difesa facendo perdere il controllo dello scooter al guidatore, tua nonna si era girata in quel momento per salutarti, quando ha visto il motorino finire addosso a te. E con la stessa velocità con cui ti sono arrivati addosso i due balordi, se ne sono andati. Lasciandoti a terra come una cicca di sigaretta spenta sotto i piedi.

Ti hanno dovuto operare d'urgenza, avevi un grosso ematoma in testa causato dalla botta che hai preso cadendo a terra.

Ora sei disteso davanti a me su questo letto enorme, fra aghi e tubi, fra macchinari e bip, quando invece dovresti stare fra i tuoi giocattoli e i tuoi album da colorare. Hai la testa fasciata e in più hai il braccio destro e la gamba sinistra ingessati. Da quando sei uscito dalla sala operatoria non hai più aperto gli occhi. Hai subito un intervento lungo e sembra che sia andato bene. Ora dipende da te. Ma io mi domando come si può dare una tale responsabilità ad un bambino e, dove possa trovare la forza per lottare e vivere? Ma io ti chiedo di lottare figlio mio, lotta te ne prego. Lotta per questo tuo padre incapace di aiutarti... non mollare le mie mani.

L'intervento è durato quattro ore, appena sei entrato in sala operatoria mi ha chiamato tua madre, era sconvolta, piangeva e non riusciva a parlare. Sarebbe ripartita al più presto con il primo volo, c'erano problemi all'aeroporto, non so di preciso cosa, penso di aver capito un attentato fallito da parte dei terroristi. Le ho giurato che sei vivo e che vivrai fammi mantenere questa promessa.

Dovrei odiare tutti per quello che ti è accaduto. Dovrei odiare tua nonna che non è stata attenta, dovrei odiare quei teppisti sul motorino e con loro la donna che non si è fatta scippare, che ha barattato pochi spiccioli con la tua vita. Dovrei odiare Dio perchè non ti ha scansato, ma voglio solo che tu ti risvegli quanto ti posso abbracciare e riportarti a casa. Dovrei odiare, penso di non riuscirci, ma sono un uomo e quindi odio. Soprattutto odio me stesso, mi sento impotente, non so cosa darei: una mano, un braccio, la testa, la mia vita per te. Dimmelo tu, figlio mio, cosa devo fare? Dammi una risposta.

Sono passate due ore da quando sei uscito dalla sala operatoria, ma il tempo sembra che si sia fermato. Fuori di questa stanza il mondo continua a muoversi: una nuova vita nasce, un'altra muore, qualcuno s'innamora e qualcun altro piange, ride, ama. La vita va avnti, ma non in questa stanza, tutto è immobile, non c'è giorno, non c'è notte, né fame e né sete. C'è solamente speranza e io mi ci sto aggrappando con tutte le mie forze a lei.

"Tu, figlio mio, a cosa ti stai aggrappando?"

La vita va avanti senza aspettare nessuno.

Questa attesa la conosco già purtroppo. So cosa vuol dire, e avevo sperato di non doverla incontrare ma più nella mia vita. Ma dal dolore non ci si può nascondere, lui riesce a trovarti sempre e ovunque. In qualsiasi momento, lui esce e si riprende la sua rivincita su tutto e tutti. N'è passato di tempo ma ci rincontriamo. Avevo la metà dei miei anni, altre idee, sogni, paure. Ma il dolore mi attendeva una mattina d'aprile. In quel tempo, sul letto davanti a me, c'era mio padre e stava morendo.

Non so ancora dirti se il mio era amore o solamente un gran rispetto nei suoi confronti. Non lo so, me lo sono cheisto in continuazione senza trovare una risposta. Ma forse non c'è una risposta a tutto o semplicemente non la vogliamo, preferiamo vagare nel dubbio.

So solo che entrambi ci aspettavamo qualcosa in più da ognuno di noi. Ma per paura, vergogna o semplicemente incapacità, non lo abbiamo mai chiesto e né dato.

Mio padre era un uomo tutto di un pezzo, convinto delle sue idee e delle sue scelte. Era onesto, pure troppo per questa vita. Onesto con il mondo, con la sua famiglia. Sì, era onesto ma non con sé stesso. Nella sua vita ha semplicemente eseguito il copione che gli avevano affidato, senza colpi di testa, senza emozioni vere, si accontentava senza inseguire il meglio. L'unica cosa che cercava era la sicurezza per la sua famiglia, sicuramente giusto e nobile, ma a discapito della sua felicità e dei suoi sogni. Il nostro non è mai stato un buon rapporto, lui non sopportava le mie idee, le mie scelte. Si rivedeva in me e ne provava terrore, perchè io non avrei mai fatto come lui, io il mio copione l'avevo strappato e preferivo seguire i miei sogni. Mi stimava per questo, perchè io avevo il coraggio che a lui mancava, ma non me lo disse mai. Quel "mai" è diventato una crepa che col tempo è diventata una voraggine risucchiandoci tutti dentro. E' morto il giorno di Pasqua, gli tenevo una mano mentre ci guardavamo negli occhi. Sai mi manca, soprattutto ora in quest'occasione, vorrei farmi guidare, perchè solo ora ho capito che grazie a lui sono diventato un uomo. Lui era il faro che mi guidava nella vita, lo stimolo a volere di più, a non accontentarmi e a non avere paura.

Piango per te e per lui, mi riesce solo questo ora.

Hai gli occhi chiusi, sono bellissimi. Quante cose hanno visto e quante altre ne dovranno vedere. E con i tuoi occhi e la tua ingenuità quante cose ho visto io. Un mondo meraviglioso, fatto di cieli immensi, mari, laghi, fiumi, montagne e prati incontaminati. Sensazioni che un uomo adulto non prova più, perchè risucchiato dal vortice della quotidianità.

Con i tuoi occhi...

"Che cosa sta accadendo?"

Non sono più accanto a te. Adesso sono in piedi e la stanza pochi minuti prima vuota ora è piena di dottori e infermieri. Non riesco a capire o non voglio capire. Mi metto i palmi delle mani sugli occhi e premo i pollici sulle orecchie, non voglio vedere, non voglio sentire, ma soprattutto non voglio sapere. La mia mente vaga senza meta, senza un pensiero preciso. Ad un tratto sento la voce di tua madre, sta cantando:

"ninna nanna, ninna oh, questo bimbo..."

Ti vedo in fasce sulla pancia di tua madre appena nato, quando per un attimo hai aperto gli occhi e mi hai guardato.

"a chi lo do? Glielo do alla..."

Ti vedo nella tua culla appena svegliato che tendi le tue braccine verso di me per farti prendere in braccio.

"befana che lo tiene una settimana"

Ti vedo sopra il tuo triciclo correre verso la vita e scoprire il mondo.

"glielo do all'uomo nero..."

Vedo tua madre piangere e disperarsi all'aeroporto.

"Che lo tiene un mese intero"

Ti vedo dentro una piccola bare bianca.

"ninna nanna ninna oh".

Adesso dormi angelo mio.

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Ringraziamo l'autore, Filippo Ferlazzo, per averci concesso gentilmente di pubblicare il suo racconto.

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