Il 56% degli oncologi italiani si è sentito chiedere almeno una volta dai propri pazienti terminali di accorciare le loro sofferenze. Accanimento terapeutico, testamento biologico, direttive anticipate sono problemi concreti, quotidiani, nei reparti in cui si curano i tumori ma solo 4 medici su 10 si sentono adeguatamente informati su come gestire le questioni del “fine vita”.
Un bisogno reale che va affrontato sia sul piano della conoscenza che con specifiche normative: ne è convinto il 75% dei soci dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) secondo quanto emerge da un’indagine promossa dalla Società scientifica.
“Il 50% di noi segue personalmente oltre 10 malati terminali ogni mese – spiega Carmelo Iacono, presidente dell’Aiom e direttore del Dipartimento di Oncologia Medica di Ragusa – e con loro siamo spesso chiamati a prendere decisioni che riguardano il vivere e il morire. Circa 4 oncologi su 10 sono convinti che ci si debba attenere alle direttive del paziente, per il 50% invece queste vanno condivise e discusse. Dobbiamo essere pronti a gestire questo aspetto, così come sappiamo impostare un piano terapeutico. Oggi è infatti indispensabile svolgere la nostra professione con un approccio orientato alla persona e non solo al tumore: la qualità di vita è un obiettivo irrinunciabile della cura e la Società scientifica ha il dovere di approfondire anche gli aspetti etici”.
Per questo Aiom e Cipomo (il Collegio Nazionale dei Primari Oncologi) hanno promosso per il 7 e l'8 maggio un convegno a Valderice (TP) che riunisce 200 specialisti a confronto su quattro specifici gruppi di lavoro: consenso informato, disposizioni anticipate, accanimento e ricerca.
“Oltre ai medici – spiega Sergio Crispino, presidente Cipomo - interverranno anche professionalità esterne all’oncologia (giornalisti, bioetici, scienziati, opinionisti) alla ricerca di un’intesa indispensabile quando si affrontano questioni così rilevanti dal punto di vista sociale”.
L’etica della ricerca presenta risvolti quali l’indipendenza degli studi ma anche la garanzia di accesso alla cura rispetto al costo dei farmaci innovativi. “Se è giusto che ogni decisione tenga conto della sostenibilità oltre che dell’equità del sistema – spiega Marco Venturini, presidente eletto dell’Aiom – è altrettanto necessario che al paziente possa essere offerta l’opportunità di godere delle nuove risorse terapeutiche, che possono fare la differenza. Non è pensabile che il problema della compatibilità economica, che richiede una valutazione complessiva basata su aspetti tecnici, scientifici, gestionali, economici ma anche etici, venga ribaltato sui singoli medici e sui loro pazienti”.
Sul tema del consenso informato Aiom ha attivato uno specifico progetto da cui è emerso come solo il 12% dei pazienti affermi di essere stato informato con termini precisi. Altro punto debole è il livello di comprensione “percepita” dai malati che risulta essere non ottimale per il circa il 40%. Esiste indubbiamente un problema di comunicazione: nel 91% dei casi i medici utilizzano parole specifiche per fornire l’informazione ma solo la metà dei pazienti la recepisce esattamente. “Dati che devono farci riflettere – conclude Iacono – perchè non siamo solo prescrittori di trattamenti medici ma il punto di riferimento del malato e della sua famiglia per tutto l’iter terapeutico. E di fronte ai problemi dobbiamo offrire risposte concrete, come il nuovo modello di consenso che Aiom ha elaborato proprio sulla base di questa ricerca ed oggi viene utilizzato nei reparti”.
Fonte: Italpress