E' possibile parlare con leggerezza e humour intorono al più grave e serio degli argomenti: la morte? E' quanto spesso ha tentato di fare Vladimir Jankélévitch nelle sue opere. Invece di proporre una nuova teoria "sulla morte", l'autore invita piuttosto a guardare alla vita dal difficile margine che separa l'esistenza dal nulla. Ne deriva un punto di vista sul mondo e sulle cose che, alleggerito da qualsiasi dogmatismo, affronta ogni questione con il sorridente beneficio dell'ironia.
La morte di una persona cara è solo un caso particolare di separazione; accade che l'essere umano debba accomiatarsi anche da un ideale, da un rapporto matrimoniale, da un vecchio modo di essere. Di fronte a questo l'atteggiamento più comune è il rifiuto di prendere atto della perdita subita, che invece va vissuta a fondo: la civiltà occidentale tende a esorcizzare la morte nascondendola in molti modi, mentre le singoli persone, non elaborando il lutto, bloccano il loro sviluppo psichico e rischiano stati depressivi.
La perdita di una persona cara è un'esperienza sconvolgente. Da un momento all'altro ci troviamo in balia di sentimenti intensi, contraddittori, inconfessabili, o in una spaventosa paralisi emotiva. Vengono messi in discussione i nostri punti di riferimento e le strutture su cui basavamo la nostra esistenza. Siamo disorientati, temiamo per la nostra salute mentale e i consigli che riceviamo non sono d'aiuto. La dottoressa Sibylle Krüll presenta l'elaborazione del lutto come un processo che non va subito passivamente, ma attraversato in maniera attiva e consapevole.
L'autrice, ripercorrendo le tappe fondamentali della propria vita - dedicata agli studi sulla morte e alla cura dei malati terminali - conferma la tesi che l'ha resa famosa: esiste la vita dopo la morte, la morte è l'esperienza più importante della vita ed è possibile affrontare questo "passaggio" con serenità.