Il diritto di morire esiste? E’ lecito impedire ad un individuo di disporre della propria esistenza anche quando è diventata insostenibile ed “invivibile”?
Queste sono solo alcune delle domande che si possono incontrare sfogliando le pagine di questo breve testo.
In queste, infatti, Umberto Veronesi cerca di affrontare il delicato e difficile tema dell’eutanasia: un argomento che sempre di più oggi si fa sentire soprattutto alla luce delle moderne tecniche di cura, che possono prolungare in maniera indefinita la vita di chi si trova ad essere in uno stato vegetativo.
Cosa succede quando un medico ed un filosofo si incontrano? Potrebbe essere l'inizio di un indovinello o di una barzelletta, ma non è così, questo è ciò che ha portato alla nascita di un libro in cui due uomini provano a confrontarsi su alcuni argomenti importanti di oggi, che, il più delle volte, al posto di incuriosire, spaventano.
Due donne si incontrano e iniziano a parlare. Sembra una cosa comune, anzi normalissima, ma che succede quando le parole di queste due donne iniziano a scandagliare a loro modo un argomento tanto profondo come la “perdita”?
Nasce un connubio, un filo logico attraverso il quale le parole si snodano e i pensieri iniziano a prendere corpo nel tentativo di far capire all’altro il proprio punto di vista.
A partire dalla critica ad una visione tendenzialmente tecnico-scientifica della malattia, l’autrice si propone di offrire spunti di riflessione sulla possibilità di ridefinire la relazione terapeutica in un senso più adeguato alle richieste d’aiuto, più o meno esplicite, provenienti dalla persona che soffre.
Parlare di inadeguatezza all’appello del sofferente ci permette di focalizzare l’attenzione sulle modalità ambigue del dibattito attuale in merito a problematiche di questo tipo.
Il filosofo propone una lettura non convenzionale sul tema della morte, sulla quale - dice - "c'è solo da sapere che non c'è niente da sapere ".
Per quanti si sono impegnati a favore del dialogo tra credenti cristiani e non cristiani, tra cattolici e ‹‹laici››, per i cattolici stessi che credono al dialogo vissuto nell’ascolto, nello sforzo di non disprezzare l’altro ma di operare con lui un confronto nella mitezza, questi ultimi tempi possono essere definiti - usando un linguaggio biblico - ‹‹giorni cattivi››. (pag. 3)
Così esordisce Enzo Bianchi, fondatore e priore della Comunità monastica di Bose, nel suo libro “Per un’etica condivisa”, in cui cerca di affrontare la questione del dialogo ormai deteriorato fra cattolici e non.