Laura è il racconto in diretta della nascita di una bambina estremamente prematura. Cinque mesi e mezzo, cioè 24 settimane di gravidanza, 560 grammi di peso: un feto con, forse, un po' di voglia di vivere in più. Ritenuta un aborto dai medici, quando è nata, per fortuna, ha pianto. Grazie anche a questo, è stata soccorsa, portata in terapia intensiva, curata, salvata. Oggi Laura è una splendida bambina di sette anni, sana, intelligente, assolutamente normale. Ma l'emozione e il dolore di quei giorni restano ancora tanto vivi nei genitori da trasudare dal racconto con tutta la loro forza.
Questa è la storia di una mamma e della sua bambina. Anzi, di una ragazza madre e della sua bambina malata. Ma non è, non vuole essere, una storia pietosa. Assomiglia più a un bollettino di guerra dove si scontrano la vita e la morte, la speranza e la disperazione, ma anche la buona e la mala sanità, la solidarietà e l'indifferenza. È la storia che nessuno vorrebbe mai scrivere. E per questo qualcuno ha dovuto farlo.
Il caso di eutanasia del giovane Vincent Humbert, visto attraverso la commossa e sofferta rievocazione, attimo per attimo, da parte del dottor Frederic Chaussoy, che ha assistito il paziente nel suo percorso, nella scelta finale e negli ultimi attimi della sua vita. Una vicenda straziante e ricca di umanità e speranza al tempo stesso, che ha coinvolto la gente comune, la quale ha sostenuto massicciamente la scelta congiunta di paziente, madre, medico.
Il diario di una malattia non "combattuta", ma vissuta quasi come un viaggio all'interno del corpo, che cambia e fa cambiare l'immagine di sé, come momento della vita in cui riflettere e ricostruire, come un cammino nella consapevolezza, verso l'accettazione della malattia come parte di sé. Alla fine del percorso la propria esistenza ne esce ridefinita, con i limiti che la malattia e la cura impongono, ma con la certezza e il desiderio che la vita continui.
Arriva un momento nell'età adulta in cui si avverte il desiderio di raccontare la propria storia di vita. Per fare un po' d'ordine dentro di sé e capire il presente; per ritrovare emozioni perdute e sapere come si è diventati, chi dobbiamo ringraziare o dimenticare. Quando questo bisogno ci sorprende, l'autobiagrafia di quel che abbiamo fatto, amato, sofferto, inizia a prendere forma. Diventa scrittura di sé e alimenta l'esaltante passione di voler lasciare traccia di noi a chi verrà dopo o ci sarà accanto.
"C'è qualcosa che non va, ma il mio terrore per i dottori e le iniezioni di qualsiasi genere mi inducono a tacere e a non dare retta ai segnali di ribellione del mio corpo. E poi non voglio mettere in ansia la mamma." Comincia così la testimonianza di Barbara, che a soli dodici anni si ammala di tumore. Con coraggio e tenacia affronterà la chemioterapia per sconfiggere il linfoma di Hodgkin. Ma non le basta. È determinata a cercare l'aiuto che le serve anche al di fuori della medicina tradizionale e la madre la incoraggia in questa scelta.
"Di fronte al cancro e alle cure per il cancro, è difficile considerare la vita in termini di piacere. In certi giorni me ne sono stata letteralmente sempre a letto, in preda alla disperazione più nera, a guardare brutti film di fantascienza; ma per la maggior parte del tempo, il disegno dei fumetti è stato l'ancora di salvezza a cui mi sono aggrappata per affrontare l'esperienza di malata di cancro (oltre alla volontà di restare in vita il più possibile per mio marito e mio figlio, naturalmente).
Di fronte alla tragedia di una figlia di quattro anni che muore, a un padre non resta che scrivere. Parole impotenti, di rabbia e vuoto, per raccontare la storia di Pauline e del tempo senza di lei che "si è impigliato nella inconcepibile forza di gravita del dolore", senza lasciare spazio per la consolazione. Una vacanza perfetta: "La neve. La ghiaia. L'eco. Il lago". Poi il viaggio scandito dalla malattia e dalle cure, da cartelle cliniche e anonime lenzuola d'ospedale.